POS NUMERO 2

La paura del pos sembra sgonfiarsi. Intanto l’obbligo per professionisti e commercianti e artigiani c’è, ma non c’è sanzione in caso di inadempimento. Unica eccezione il caso in cui il comportamento sfoci in una violazione degli obblighi previsti dal Testo unico antiriciclaggio (pagamenti in contanti sopra la soglia delle mille euro). Esempio tipico di norma imperfetta: c’è una disposizione ma non succede niente se non viene rispettata.

In effetti le conseguenze ci sarebbero, ma solo sul piano civilistico. Secondo Confartigianato le organizzazioni dei consumatori, potrebbero promuovere class action contro le categorie inadempienti per danno in sede civile.

Secondo, poi, una nota diramata pochi giorni fa dal Consiglio Nazionale Forense “La disposizione in parola introduce un onere, piuttosto che un obbligo giuridico, ed il suo campo di applicazione è necessariamente limitato ai casi nei quali saranno i clienti a richiedere all’avvocato di potersi liberare dall’obbligazione pecuniaria a proprio carico per il tramite di carta di debito. Ipotesi che, considerate le prassi in uso nei fori, per molti colleghi potrebbe anche non verificarsi mai. In ogni caso, qualora il cliente dovesse effettivamente richiedere di effettuare il pagamento tramite carta di debito, e l’avvocato (o il professionista tecnico, n.d.r.) ne fosse sprovvisto, si determinerebbe semplicemente la fattispecie della mora del creditore, che, come noto, non libera il debitore dall’obbligazione.”

Tale fattispecie si ha quando il creditore, senza alcun motivo legittimo, si rifiuta di ricevere il pagamento offerto dal debitore nei modi indicati dalla legge oppure non compie quanto è necessario affinché il debitore possa adempiere all’obbligazione.

Si tratta di una situazione atipica in cui creditore, invece di agire per ottenere quanto gli è dovuto, rifiuta o ostacola l’adempimento del debitore.

Se il debitore vuole liberarsi dell’obbligazione, può:

a) offrire di eseguire la sua prestazione nei termini stabiliti, ma il creditore la rifiuta senza alcun motivo legittimo (offerta non formale);

b) di fronte al rifiuto del creditore a ricevere la prestazione, il debitore può  ricorrere ad un’offerta fatta secondo le modalità (offerta reale) tramite ufficiale giudiziario;

c) rifiutata l’offerta solenne, il creditore è considerato in mora.

Il debitore che vuole evitare  le conseguenze che derivano dall’inadempimento è quindi costretto ad offrire la sua prestazione con un’offerta solenne (reale), eseguita la quale si produrranno gli effetti della mora del creditore,  e quindi:

-il creditore subisce il rischio derivante dall’impossibilità sopravvenuta dalla prestazione per causa non imputabile al debitore;

-il debitore non deve più corrispondere gli interessi o i frutti della cosa;

-il creditore è tenuto a risarcire il debitore degli eventuali danni derivanti dalla mora e a rimborsarlo delle spese per la custodia e la conservazione della cosa dovuta.

 Secondo queste posizioni l’obbligo previsto dalla norma non può essere considerato in modo automatico e assoluto un dovere di dotare il proprio ufficio di un Pos per consentire al cliente di pagare con un bancomat.

 Ma queste considerazioni, con ogni evidenza, si adattano bene ai professionisti o alle imprese che operano in modo strutturato, sulla base di precisi contratti con i clienti.

Discorso diverso per gli esercizi pubblici che lavorano con clienti del tutto occasionali. In queste realtà il non mettere a disposizione un Pos ovvero un altro meccanismo per pagare con il bancomat potrebbe produrre dei problemi e delle difficoltà operative di intuitiva evidenza.

 In effetti la riflessione fondamentale che andrebbe fatta per tutte le situazioni è che, se l’obbligo costituisce uno strumento di semplificazione nei rapporti con i clienti, con scopi anche di natura pubblica di grande interesse, sarebbe utile (anzi questo sì obbligatorio per chi decide) intervenire sui costi dell’adeguamento, piuttosto che sui limiti giuridici di applicazione.