“Una semplice ricetta è anche espressione di cultura e, nel senso più anglosassone del termine, di civiltà perché è il riflesso di ciò che noi abbiamo ereditato, volenti o nolenti, da chi ci ha preceduti. E considerato che la nostra cultura, almeno quella materiale, parte dal XVIII secolo avanti Cristo mentre i primi documenti scritti risalgono a dieci secoli dopo, ritengo che abbiamo una lunga storia da raccontare. E stavolta, in fondo, si è cercato di tracciare un riassunto gustoso visto che l’argomento è stato proprio il cibo”. Ha concluso così il proprio intervento il professore Gaetano Cosentini durante la presentazione del libro “Il cibo degli Iblei” di Francesca Poidomani tenutasi ieri sera nella sala conferenze “Pippo Tumino” della sede Cna provinciale di Ragusa. Un appuntamento nel corso del quale il testo, edito con i tipi di “Officine creative” di Domenico Schembari, è stato apprezzato dai numerosi partecipanti all’iniziativa grazie al maneggevole formato e alle pagine patinate che, esaltate dal colore, hanno trasmesso al meglio la bontà dei cibi descritti, 130 ricette tipiche del territorio ibleo. “E’ stata – ha spiegato ancora il prof. Cosentini – una operazione complessa considerato che l’autrice ci ha lavorato parecchio. Abbiamo messo in rilievo che questo libro non ha confini geografici rigidamente accertati nel senso che fa parte della nostra cultura come Sicilia del Sud Est e di Ragusa come sede ospitante. Il lavoro è molto interessante perché fornisce la possibilità di seguire un percorso culturale che si perde nella notte dei tempi non per attualizzare il passato ma per cercare questi doverosi legami tra il tempo che fu e il presente”. Ad aprire i lavori è stato il segretario provinciale Cna Ragusa, Giovanni Brancati, che, oltre a sottolineare il convinto sostegno fornito all’autrice dall’associazione di categoria, ha voluto puntare l’attenzione sul ruolo preminente che la gastronomia locale è chiamata sempre più ad esercitare in un mondo in cui la globalizzazione se da un lato tende ad annullare le differenze dall’altro esalta ancora di più le peculiarità di chi riesce a mantenere in qualche modo le proprie tradizioni. “E il territorio ibleo – ha detto ancora Brancati – è di certo tra questi proprio per il fatto di avere saputo ancorarsi a determinati aspetti frutto dei segreti culinari tramandati da una generazione all’altra”. L’autrice è riuscita a tratteggiare le caratteristiche della gastronomia locale. Suddividendo il tutto in otto capitoli: sapori e tradizioni, antipasti e conserve, primi piatti, legumi e minestre, secondi piatti, contorni, lievitati e piatti unici, dolci e confetture. “Cucinare – ha detto – è anche arte, perché serve talento nelle molte possibilità di dosaggio e combinazione di ingredienti, spezie e quant’altro, se si vuole realizzare un capolavoro del gusto”.