PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI VINCENZO RABITO TERRA MATTA

Un racconto lungo quasi un secolo, con dentro le due guerre mondiali, la vicenda coloniale, la caduta del fascismo, il nuovo corso democratico, il boom economico e la crisi degli anni ’70: tutto visto attraverso gli occhi di un analfabeta, Vincenzo Rabito, soldato nelle trincee del Piave, operaio nelle colonie, fascista per necessità di vita ma socialista per vocazione, che alfine approda nella sua Chiaramonte dove ottiene il posto di cantoniere e l’agognato benessere seguito dal riscatto sociale, almeno per i figli.

Un romanzo esemplare ed epico, scritto nella lingua che Rabito è costretto a inventarsi, privo di approdi sintattici e semantici, ma originale e che va dritta al cuore del lettore.

Gli interventi di Giuseppe Cultrera, che ha organizzato nel 2008 il convegno di studi nazionale a Chiaramonte e Ragusa, e Giacomo Mastruzzo che ha promosso questo incontro in collaborazione col Centro Studi F. Rossitto di Ragusa, hanno introdotto un partecipato dibattito, moderato da Giorgio Chessari, con le voci di Giorgio Flaccavento, Giovanni Firrito, Michele Duchi, Tano Rabito (figlio dello scrittore) e  tanti altri. A suscitare emozione e spunti critici la lettura, magistrale e partecipata del regista Giordio Sparacino, di alcuni brani significativi di Terra matta.

Si deve al figlio Giovanni, quello che Vincenzo Rabito chiama il figlio più lontano andato via dalla terra natale per studiare a Bologna nel ’68, l’invio del dattiloscritto autobiografico a Pieve S. Stefano dove ha sede l’Archivio dei Diari fondato da Saverio Tutino. Giovanni, da un ventennio in Australia, a Sidney, professione antiquario, aveva portato con se quel reperto paterno, ed aveva iniziato a farne una riduzione: quella appunto spedita nel 1999 al Premio Pieve S. Stefano – Banca Toscana. I lettori-giurati della Commissione però vogliono leggere l’originale. E si cimentano in un’impresa titanica: oltre mille pagine dattiloscritte fittamente riempite senza margini e prive di punteggiature – se si esclude il punto e virgola usato quale spaziatura. E’ una sorpresa per tutti.

 

Scriverà Saverio Tutino “Dopo 16 anni credevamo di aver visto tutto di questa originale esperienza. Finchè davanti alla commissione di lettura è arrivato lo scritto monumentale di un siciliano che si chiamava RABITO di cognome e VINCENZO di nome. Ed è successo di tutto”

La giuria decide  di premiare l’autobiografia del cantoniere ragusano con il massimo riconoscimento e Beppe del Colle, uno dei maggiori sostenitori del Rabito fra i giurati, fa inserire nella motivazione del premio una  provocazione <il capolavoro che non leggerete!>

L’archivio raccoglie la sfida, e grazie a finanziamenti di sponsor privati e pubblici, avvia la trascrizione del testo affidandola ad un giovane studioso, Luca Ricci.

La ricerca di un editore è dapprima difficile, ma nel 2003 si approda alla prestigiosa Einaud: a volerne la pubblicazione è Paola Gallo, che dirige il settore narrativa italiana. Nella cura editoriale affianca Ricci una scrittrice siciliana, Evelina Santangelo.

Nel marzo 2007 col titolo di Terra matta esce nelle librerie una versione ridotta del manoscritto, che rispettando l’originalità della lingua e scrittura del Rabito riesce in 22 capitoli a trasmetterne anche ampiezza e ritmo narrativo.

E’ per molti versi, un caso letterario: il consenso e l’attenzione della critica e del pubblico è unanime. Quello che sembrava destinato a pochi appassionati attrae lettori comuni e studiosi: nei due anni successivi il volume vede una fortunata riduzione teatrale di Vincenzo Pirrotta, una versione cinematografica a cura della Quatriglio, da poco realizzata nella nostra area, e in avanzata fase di realizzazione; e cosa più interessante una fortuna editoriale attestata da una ulteriore edizione economica, affiancata all’edizione rilegata dei Supercoralli