Quando ero al liceo non frequentavo comitive miste, per la verità la mia comitiva si contraddistingueva nell’uniformità del genere maschile, indi ci si caratterizzava nella condizione affettiva di single per scelta …altrui! Non eravamo, in effetti, degli esempi canonici di bellezza, ed eravamo persino privi del fascino della bruttezza, piuttosto ci assestavamo nella mediocrità. Come dire?, si era un po’ nerd. Premesse tali circostanze, ricordo che una volta, un pomeriggio, venne a casa un compagno di classe di quelli che invece frequentavano l’altro sesso con discreto successo, ebbene rinvenendomi insieme a un altro compagnetto di classe, mentre si studiava il modo di non fare i compiti, entrambi oziosamente adagiati nella stanzetta tappezzata di poster inneggianti alla new wave of British heavy metal, così ci salutò: “Ah, ragazzi, come vi invidio! Quanto siete fortunati a non avere ragazze che vi disturbano ad ogni ora, io proprio non ce la faccio più, mi assillano in continuazione. Non potete capire la mia sofferenza!”
In qualche modo, come mangiando madeleine, a questo ricordo sono tornato, trovandomi a leggere una recente intervista al gran sacerdote dell’architettura Fuksas. Alla domanda del giornalista: “…lei sa che per fare Ragusa-Palermo in treno ci vogliono nove ore?”, egli – il sublime – risponde: “Spesso la mancanza di strade è un bene per il territorio. La Sicilia è una terra misteriosa, bisogna scoprirla, bisogna guadagnarsela…”. Da qui cominciano alcune mie riflessioni semplici.
Caro lettore, ti dirò la verità, in fondo in fondo, sono pure d’accordo con Fuksas, anzi azzardo di più, è probabile che la mancanza di esseri umani sia il supremo bene per qualunque territorio. Lo dico sull’onda di un sentimento di misantropia che – pur assunto con il beneficio della certezza di sbagliare – mi spinge a considerare le azioni umane (specie quelle in cemento armato) quali reali intrusioni indebite nel contesto naturale. Va bene, come precisavo, so di sbagliare e cerco di moderarmi. Visto che Fuksas è così borghese da autonominarsi nume tutelare di questo luogo presuntivamente magico chiamato Sicilia (stiamo creando finzioni su finzioni), e assodato che io sono altrettanto borghese da intraprendere una riflessione d’opposizione, per di più in difesa di un ristretto numero di persone che ancora si servono delle strade per andare a lavorare (atteggiamento estremamente borghese da parte mia, sia come rappresentante di una mentalità di sinistra borghese che si arroga il ruolo di difensore culturoso, che – ipocrita me – come inoccupato ab origine che scrive di problemi mai vissuti).
Parlandone con un amico, siamo arrivati a dar ragione a Fuksas: la Sicilia non è terra per lavoratori. Egli stesso suggerisce il chiarimento nell’intervista, quando elogia le bellezze turistiche dell’isola. La Sicilia non abbisogna di autostrade, o di linee ferroviarie moderne, o di servizi bus accettabili, perché si avvia da tempo a diventare il più grande parco giochi del mediterraneo (anche la mafia, è accettabile come attrattiva), adibito al sollazzo dei turisti e alle stravaganze degli architetti danarosi e vagamente misantropi. C’è una percentuale ancora minima di gente che necessita di collegamenti più veloci, è vero, in causa di necessità lavorative, ma confido nelle scelte politiche dei nostri governanti perché venga debellata del tutto tale iattura, una vera e propria disgrazia per il progresso dell’Isola (un limite alla sua affascinante “magia”). Io non ho mai lavorato in vita mia, è vero (e sostengo l’idea che sia meglio astenersi talvolta, per provocare meno danni al resto dell’umanità), però di viaggi in auto e in bus ne ho fatti, poiché, pur ascrivendomi da solo a una qualche forma di ideologia sinistrorsa, non essendo altro – in realtà – che un figlio della civiltà borghese (come la quasi totalità del resto dell’umanità occidentale, d’altro canto), sono in fine frequentatore indefesso di corsi universitari (studente a tempo indeterminato, dicevo qualche tempo fa). Dunque so bene cosa sia il disagio di viaggiare male, scomodamente, in tempi odissiaci, etc, etc… In effetti, il mio grande dubbio è questo: come andava all’università Fuksas? Camminava sulle acque probabilmente.
Gaetano Celestre