QUANDO IL VOTO NON È SEGRETO

 

L’art. 48, comma 2, della Costituzione specifica che il voto è personale ed eguale, libero e segreto.

Nonostante ciò, c’è chi sostiene che “dove non c’è lavoro, il voto locale non è più né segreto né libero”.

Gli elettori vengono frazionati in sezioni e seggi. Qualora gli elettori siano residenti da tempo or sono in una determinata circoscrizione, potrebbero essere monitorabili nel caso in cui avessero accordato la propria preferenza al conoscente politico.

Questa riflessione potrebbe valere soprattutto per i piccoli comuni, dove il “candidato-X”, conoscitore del territorio, dei cittadini, impegnato nella politica d’avvoltoi,nelle richieste spicciole di consenso tra parenti, amici, conoscenti, quartieri, aziende ecc, potrebbe stilare una lista dei “sicuri” e circoscrivere in aree coloro che hanno garantito l’adesione, facendo una stima approssimativa e così  aspettare lo scrutinio.

Dopo il voto si compara il taglieggio degli “amici – presunti bollini verdi” con i dati per ogni seggio: il politico qualora, ad esempio, in un seggio si fosse aspettato almeno 10 consensi ed invece il risultato fosse stato di 5 o nullo potrebbe tirare le sue conclusioni e rintracciare, sempre tramite ragionamento empirico, i “traditori”.

E se il “candidato-X” detenesse il potere economico in un periodo di dilagante crisi economica e di precariato? Se avesse promesso posti di lavoro? Se fosse, ad esempio, un imprenditore, potrebbe controllate i propri dipendenti conoscendo la loro zona di residenza?

Da qui l’analisi di Federico Fubini (“La Cina siamo noi – bingo, call center, camorra: come l’Italia affronta la crisi”)  che considera  il voto locale “né segreto né libero” in assenza di lavoro.

L’autore fotografa una realtà schizofrenica, precaria e di sfruttamento in riferimento alla presenza fin troppo invadente dei call center di Catanzaro. Per quanto riguarda la relazione tra potere economico e voto,  sottolinea come possa diventare “normale che il capo del principale call center finisca per prendere il maggior numero di preferenze.”

Lo stesso scrive: “in città, controllando la circoscrizione e la sezione nella quale ciascuna famiglia va alle urne, quindi incrociandole minuziosamente con il numero di preferenze ricevuto dai singoli candidati in ciascuna scatola di cartone, si può risalire a ogni voto. È una specie di analisi organolettica della democrazia. Una scheda elettorale delle comunali è tracciabile. Tutti sanno cosa voti o, se non altro, riescono a fartelo credere. Chi promette un lavoro o lo elargisce, soprattutto se precario e revocabile, spesso lo accompagna con un’indicazione di voto”.

 

Ed è così che Catanzaro diviene simbolo di un’Italia che sta cambiando; di un Paese dove è facile trovare tra gli Italiani, soprattutto tra i giovanissimi, manodopera “cinese” ovvero “a basso costo”;  dove tutto è facilmente controllabile perché alla base c’è profonda insicurezza economica, disperazione, paura.

In un’ Italia sempre più affamata di lavoro, schiacciata dal potere economico e inondata da fiumi di promesse distruttive, il voto potrebbe divenire “non libero” e trasformarsi così in una delle più grandi anomalie della nostra scricchiolante Democrazia.