Sempre più rigoglioso cresce all’angolo della bambinopoli di Largo Gramsci, nel centro storico di Scicli. Cresce rigoglioso, con una chioma di foglie sempreverdi, quasi a “reclamare” un diritto alla vita ed al ricordo. Perchè proprio di ricordo, che non sbiadisce mai, si deve parlare. Il piccolo arbusto di carrubo venne piantato dagli alunni della scuola media sita poco distante in piazza Italia il 23 maggio del 1993, un anno dopo la strage di Capace (23 maggio 1992), sull’autostrada A29 in prossimità di isola delle Femmine a Palermo, in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone e la moglie Francesco Morvillo, anchessa magistrato, e gli agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo ed Antonio Montinaro. In quella strage anche ventitre feriti.
Lo si fece in coppia: scuola e Legambiente. Oggi a distanza di 30 anni s’è persa la memoria della finalità di quell’albero. Un albero piantato per ricordare, per non fare dimenticare. Avrebbe dovuto essere simbolo di legalità. Ed, invece, dimenticato, lasciato alla bontà ed alla fertilità della terra in cui cresce. Peccato. Per fortuna c’è chi ricorda e non dimentica. A Scicli ci sono ancora persone che amano la propria città ed i messaggi che vuole dare. A ricordarlo Vincenzo Burragato, attuale presidente dell’Associazione Tanit e del Centro studi e documentazione Scicli, il quale fu uno di quei ragazzini che piantarono quell’arbusto di carrubo. “Ricordo quel 23 maggio 1993, era passato un anno esatto dalla strage di Capaci e poco meno da quella di Via d’Amelio – racconta Vincenzo Burragato – mancava poco all’estate, era un bellissimo giorno di primavera come quello di questi giorni e dei bambini, fra i quali io, piantavano un piccolo carrubo, oggi diventato grande, per ricordare i giudici Falcone e Borsellino e tutte le vittime della mafia. Passo davanti all’albero ogni giorno e, quotidianamente, penso a quella giornata e alla sensazione di benessere che mi restituisce sempre. Le persone che lottano non muoiono mai invano…”.