Un ragazzo di 33 anni di Ravanusa, provincia di Agrigento, è stato sottoposto pochi giorni fa ad un TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) ma il Garante Nazionale delle Persone private della Libertà ha chiesto una dettagliata relazione al sindaco della città, Carmelo D’Angelo e alle autorità sanitarie. Il ragazzo, infatti, aveva contestato l’esistenza della pandemia di Covid e avrebbe avuto comportamenti giudicati incoerenti, come ad esempio aver dato alle fiamme la propria carta di identità e minacciato con un cacciavite i rappresentanti delle forze dell’ordine in un video poi postato su facebook.
Il ragazzo era stato sottoposto a TSO quando aveva deciso di scendere in strada con il suo megafono e gridare, dall’interno della sua auto, frasi del tipo: «La pandemia non esiste, uscite tutti di casa e levatevi le mascherine». Le forze dell’ordine sono intervenute sul posto per chiedere spiegazioni e fermare il giovane. Poi una colluttazione e una situazione che ha provocato grandi indignazioni in città.
Il 2 maggio scorso, era stato fermato dalle forze dell’ordine alla presenza dei medici ed è stato gettato a terra, bloccato e sedato con una iniezione farmacologica.
I familiari del giovane hanno parlato di condizioni aberranti, con il 33enne legato con mani e caviglie al letto. i
Il Garante vuole saperne di più sia sull’operato delle persone che hannopreso parte alla vicenda, gli elementi che hanno portato all’avvio della procedura, gli estremi della convalida del provvedimento di Tso da parte del Giudice tutelare; i tempi intercorsi tra la disposizione del Tso stesso e la sua convalida; la durata del trattamento.
Va comunque detto che l’uomo, nei giorni precedenti al Tso aveva pubblicato alcuni video su Facebook nel corso del quale in uno aveva bruciato davanti ai carabinieri la carta di identità che gli era stata richiesta dopo essere stato fermato a Canicattì durante i giorni del lockdown “integrale” e in altri, esprimendo la sua idea sulla “pandemia che non c’è” aveva brandito sia un cacciavite che una tenaglia minacciando coloro che – a suo dire – potevano presentarsi a Ravanusa per imporre le norme per contenere l’epidemia di covid 19.