RIFORMARE LA GIUSTIZIA?

Si ritorna a parlare di riforma della giustizia, anzi di una riforma “epocale”. Siccome però ormai la politica, al fine di far digerire ai cittadini le proprie scelte, è abituata, piuttosto che a ragionare, a parlare per slogan, cerchiamo di esaminare bene i termini della questione. Innanzitutto bisogna fare una distinzione perché, quando si parla di giustizia, si confondono i problemi dell’efficienza della giustizia con le disavventure giudiziarie del Premier. E allora si parla di giustizia penale, che ha tempi abbastanza celeri e che, anzi, nei processi del Premier viene ritardata appositamente dai suoi avvocati con tutti i mezzi possibili; mentre non si parla della giustizia civile, la cui inefficienza provoca i danni maggiori ai cittadini.

         Primo. Cosa si aspettano gli italiani da una eventuale riforma della giustizia? Una giustizia civile rapida ed efficiente che renda certi i rapporti economici e giuridici; una giustizia penale altrettanto rapida che garantisca la sicurezza dei rapporti sociali.

         Secondo. Cosa propone la riforma presentata nei giorni scorsi dal governo? Gli elementi fondamentali del progetto sono i seguenti:

–        separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e magistrati inquirenti con l’istituzione di due separati organi di autogoverno (attualmente i magistrati appartengono tutti allo stesso ordinamento e possono anche cambiare funzione, a particolari condizioni) e di un’alta corte per processare i magistrati che sbagliano; i componenti dei CSM, metà laici e metà magistrati, quest’ultimi nominati per sorteggio; divieto di commentare le leggi e di tutelare i magistrati. Di contro viene potenziato il ruolo del ministro della giustizia, cui spetterà la funzione ispettiva.

–        viene limitato di molto il ruolo dei pm (i magistrati inquirenti) attribuendo agli organi di polizia l’avvio delle indagini e al parlamento l’individuazione dei reati cui dare precedenza nell’attività di indagine (attualmente l’avvio delle indagini è di competenza dei pm, così come la direzione delle stesse, mentre l’azione penale è obbligatoria per tutti i reati; il pm non potrà più proporre appello qualora l’imputato venga assolto nel processo di primo grado;

–        allargamento delle ipotesi di responsabilità dei magistrati, equiparati agli altri funzionari dello stato;

–        introduzione del “processo breve”, ossia introduzione di termini inderogabili alla durata delle varie fasi dei processi.

         Più che una riforma della giustizia è una riforma della magistratura. Si tratta infatti di un progetto di modifica delle norme costituzionali dedicate alla magistratura che rende più debole l’ordine giudiziario, in buona parte sottomesso alla politica dominante; alcuni hanno detto che così si riporta l’ordinamento giudiziario allo statuto albertino; probabilmente l’affermazione è errata per difetto. In effetti, con uno squilibrio inaudito dei poteri a favore del potere politico, ci si riporta a un sistema antecedente l’illuminismo: si straccia il principio di equilibrio e separazione dei poteri, uno dei principi fondamentali dello stato di diritto e delle moderne democrazie.

         Terzo. Quali sono gli effetti prevedibili sul funzionamento della giustizia? I pm non avranno più l’iniziativa penale e potranno solo gestire le indagini che la polizia giudiziaria avrà avviato; è evidente (basta ricordare il caso Ruby) che la polizia giudiziaria, dipendendo gerarchicamente dall’esecutivo, sarà molto condizionabile. Ma anche la responsabilità ampia che penderà sul capo dei magistrati potrà fare di questi, nella gran parte dei casi, dei soggetti timidi ed ossequiosi del potere politico.

         L’unica misura sbandierata come soluzione all’efficienza dei processi (solo quelli penali) è il cosiddetto processo breve: i processi si devono concludere entro un termine inderogabile fissato per legge, non si accenna ad alcuna misura procedurale od organizzativa che consenta il raggiungimento di tale risultato. Per fare un esempio che renda chiara l’idea, è come se le Ferrovie, per risolvere il problema dei collegamenti ferroviari di Ragusa con Catania (durata attuale del percorso circa 6 ore) dicessero un giorno ai loro ferrovieri che il viaggio per Catania deve concludersi dopo un’ora dalla partenza; si guarderebbero bene però dal dire che devono raggiungere Catania entro un’ora dalla partenza! Anche perché ciò, senza modifiche alle infrastrutture, sarebbe materialmente impossibile. L’ingenuo viaggiatore partito da Ragusa per raggiungere Catania, dopo un’ora si troverebbe a concludere il suo viaggio a Scicli, città più distante da Catania rispetto a Ragusa.

         A parte alcuni disegnini mostrati in televisione dal Presidente del consiglio, non c’è traccia di analisi serie sul funzionamento della giustizia e su eventuali provvedimenti necessari a porvi rimedio. Voce dal sen fuggita: il Presidente del consiglio ha trionfalmente affermato che se la legge da lui proposta fosse stata in vigore negli anni passati, non ci sarebbe stato il fenomeno “Mani pulite”. E, aggiungiamo noi, con la norma che vieta l’appello per i pm in caso di imputati assolti in primo grado, sarebbero stati assolti i responsabili delle violenze di Genova in occasione del G8, l’ex presidente della I sezione della cassazione, Carnevale, la brigatista Saraceni, coinvolta nell’omicidio D’Antona e tanti altri. Ciò basta, e avanza, per capire dove si vuole arrivare. Per capire anche della serietà con cui si conduce l’affare, basta ricordare che sempre il Premier, a sostegno delle sue tesi, e per dare dignità ad una affermazione che non può altrimenti averne, ha citato una frase di Marina Le Pen, leader della destra francese, (“la dittatura dei giudici è la peggiore dittatura”) attribuendola ad Alexis de Tocqueville, studioso tra i più importanti del pensiero liberale, il quale invece, essendo egli stesso giudice, sosteneva il ruolo importantissimo della magistratura nell’equilibrio dei poteri che garantisce la democrazia. E allora viene il sospetto che la rivoluzione liberale, tanto declamata all’atto della discesa in campo dell’attuale premier, non sia altro che una rivoluzione all’insegna di un “laissez faire, laissez passer” criminale per i colletti bianchi.

         Quarto. L’altra ipotesi: ci sono soluzioni ai problemi di malfunzionamento della giustizia, che pure esistono? Certo che ci sono, se solo la politica volesse che la giustizia funzionasse veramente. E realizzabili solo con provvedimenti organizzativi o di legislazione ordinaria. Di questo parleremo nei prossimi giorni.

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