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Sanità iblea: milioni investiti, ma il paziente si sente ancora solo
22 Mar 2025 17:52
Una infrastrutturazione importante, processi di rinnovamento delle grandi attrezzature diagnostiche, 130 milioni di investimenti, 9 case di comunità, tre ospedali di comunità, tre centrali operative territoriali. Ma il senso di abbandono non è ripagato. Se chi ha estremo e urgente bisogno di cure viene assistito, c’è una parte della popolazione che non ha percezione dei cambiamenti del sistema sanitario. Cosa accadrà nel prossimo futuro?Dovrebbe accadere che tutte le strutture in fase di realizzazione concorreranno a un approccio diverso alle cure, “potranno concorrere alla inappropriatezza dell’accesso al pronto soccorso in un setting assistenziale diverso” ha detto il manager dell’Asp di Ragusa, Giuseppe Drago, affiancato dal direttore sanitario aziendale, Sara Lanza e dal direttore amministrativo Massimo Cicero.
Insomma, dal report fornito dai vertici della sanità iblea, si corre, si investe in tutte le aree dei comprensorio, si razionalizzano le risorse umane e economiche per cercare di offrire un servizio migliore e per abbattere attese e dare risposte quanto più rapide possibili ai cittadini.L’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, in un contesto siciliano in profondo rosso, colloca la provincia di Ragusa in un livello globale di performance medio, medio anche nell’assistenza distrettuale e che diventa alto nella assistenza ospedaliera. Nella analisi dei presìdi delle aziende sanitarie, nella provincia di Ragusa, il maggior numero di ricoveri ordinari (12.096). Nel 2024 sono stati effettuati nei 4 presìdi ospedalieri del Ragusano, 26.681 interventi chirurgici e di questi, 3451 sono stati di cosiddetta “emergenza urgenza”. Tra day service, day ospital e appunto ricoveri ordinari, la cifra schizza a 44.105. In aumento anche i dati sulle cure domiciliari, persone che possono essere curate in casa, alleggerendo contestualmente la pressione sulle strutture ospedaliere.
Eppure non basta perché il cittadino, come ha detto anche il manager Drago, “di queste cose non ha percezione” perché ciò che al paziente interessa è la cura, l’assistenza, che pretende sia immediata.Non bastano gli “aggiustamenti” importanti come il potenziamento delle unità per i farmaci antiblastici e la degenza di oncologia presso il Giovanni Paolo II per dare risposte più rapide e non disperdere personale prezioso (su questo torneremo) , la riapertura della farmacia territoriale di Vittoria, la rimodulazione del laboratorio analisi, un luogo riservato alla osservazione breve intensiva all’ospedale di Vittoria, l’attenzione ai pazienti oncologici che con un intervento attivato anche a Ragusa e Vittoria possono avere l’accesso con il “port a cath”, l’odontoiatria per disabili in convenzione con Asp Catania, la videosorveglianza installata nei pronto soccorsi degli ospedali di Modica, Scicli,, Ragusa e Vittoria (e si sta pensando di installarla anche ai Sert), la possibilità della sedazione dei bambini a Ragusa per effettuare la risonanza senza trasferimenti a Catania, il potenziamento di anatomia patologica con un servizio centralizzato a Ragusa solo per la refertazione che produce un tempo di attesa medio di 17 giorni per un esame istologico ma che punta a abbattere i tempi e ad accelerare anche in base alle patologie…Non basta.
Non bastano le eccellenze certificate della stroke unit di Vittoria mentre si sta cercando di operare in trombolisi in ambulanza medicalizzata per ridurre ulteriormente tempi di intervento, dell’Ortopedia di Vittoria che nella rottura del femore garantisce interventi entro 48 ore ad almeno il 75 per cento dei pazienti over 65, o della Nefrologia di Modica, seconda a livello nazionale e riferimento per tecniche di intervento mini invasive o della Cardiologia di Ragusa, della Chirurgia vascolare di Vittoria o della Chirurgia bariatrica di Modica o della stimolazione transcranica al Sert per contrastare le dipendenze. Non basta Perché su 784 posti in organico, ne sono occupato 554: mancano quasi 200 medici.
Ed è un problema strutturale enorme che pur nella eccellenza dei servizi e delle strutture rende il sistema debole. “Abbiamo utilizzato tutti gli strumenti a nostra disposizione – ha spiegato il direttore generale dell’azienda sanitaria provinciale, Giuseppe Drago – dagli incarichi libero professionali, conferiti 84, alle 7 selezioni per reclutamento di personale per il 2025 e le 10 nel 24. Abbiamo stipulato convenzioni con università per tirocini professionali e abbiamo anche avuto una proroga dall’assessorato regionale per esternalizzazione per i servizi carenti. Poco appeal a lavorare nella sanità pubblica anche per la percezione del territorio”. Nel Ragusano il problema liste di attesa è marginale, sonno state attivate convenzioni con strutture accreditate; per le prestazioni ambulatoriali, si è quasi in pari, nei ricoveri, la percentuale di recupero è del 83 per cento. E anche qui non basta.
Resta un vulnus, una ferita aperta e che non si riesce a rimarginare per i pronto soccorso: 47 medici in dotazione organica, ma a tempo indeterminato ce ne sono 15 Con una serie di contratti libero professionali i medici presenti sono 48. Manca anche il 20 per cento dei medici nelle postazioni medicalizzate (tra Pte e 118). Solo colpa della sanità? No. Decine di pazienti in codice bianco intasano i pronto soccorso; le 9 case di comunità, i tre ospedali di comunità, e le tre centrali operative territoriali dovrebbero far sì che solo i codici ‘gravi’ vengano dirottati in ospedale, lasciando le piccole indagini diagnostiche proprio alle nuove strutture.Lavorare in un pronto soccorso sta diventando un mestiere pericoloso. Poca disponibilità all’attesa, la pretesa che il proprio malessere sia più importante di quello degli altri, aggressioni al personale sanitario che sono all’ordine del giorno. Una concorrente sanità privata che paga meglio i professionisti e riduce al minimo il rischio di aggressioni.
Chi va in ospedale lo fa perché legittimamente preoccupato per la sua salute, attende ore e si sente abbandonato. E’poco consolatorio pensare che più lunga è l’attesa e meno grave è la tua patologia e che tutto sommato avresti potuto chiamare il tuo medico di famiglia, confrontarti con lui prima di andare in ospedale. Eppure il personale fa ciò che può, in condizioni non semplici. Ma fuori dalle stanze, non ci sono numeri, ci sono persone. Non basta nemmeno il palliativo dell’ambulatorio per i codici bianchi. Manca la percezione della presa in carico del tuo problema che umanamente diventa “il problema” perché ti tocca da vicino. “Il sistema delle cure è in evoluzione”, dice Drago. Ma il sistema per funzionare ha bisogno di essere conosciuto e condiviso. E anche se lo stesso Drago in “incognito” frequenta i pronto soccorso per vedere di persona cosa accade, i problemi continuano a partire da questa strozzatura. Dal senso di abbandono.
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