“C’è una distanza siderale tra l’Italia della sua epoca che caratterizzò con la sua immane presenza e quella di oggi. Dopo essere stato incombente per mezzo secolo come uomo di governo e come enigma dell’Italia democristiana, Andreotti non c’è più”.
Questo è in sintesi il giudizio, il parametro per descrivere uno degli uomini politici più controversi della storia politica italiana. Così ne ha parlato ieri sera a Scicli, per “Libri sotto un cielo di Stelle”, Massimo Franco, notista e inviato politico del Corriere della Sera, raffinato e attento, nel suo “C’era una volta Andreotti – ritratto di un uomo, di un’epoca e di una Paese” (ed. Solferino). Ha conversato, nel salottino di Via Mormina Penna, sotto il palco della musica, con i giornalisti Marco Sammito e Mario Barresi.
Il numeroso e attento pubblico presente ha potuto conoscere i contenuti di quello che è un vero e proprio best seller (trentamila copie vendute in soli quattro mesi) che traccia il profilo di un Giulio Andreotti che è sopravvissuto a due guerre mondiali, sette papi, la monarchia, il fascismo, la Prima Repubblica e la Seconda. E a sei processi per mafia e omicidio.
Giulio Andreotti è stato un esemplare unico del potere in Italia per longevità, sopravvivenza agli scandali, dimestichezza con gli apparati dello Stato e del Vaticano, scrive Massimo Franco, consuetudine con le classi dirigenti mondiali del passato. È stato unico perfino nell’aspetto fisico, che ha nutrito generazioni di vignettisti.
A cento anni dalla nascita, il 14 gennaio del 1919, ripercorrere la sua vita e la sua epoca significa fare i conti con la distanza siderale tra la sua Italia e quella di oggi. Non esistono più la sua politica, la sua cultura, il suo Vaticano. Rimane solo l’eco lontana e controversa del «processo del secolo», che doveva chiarire le sue responsabilità e che invece si è concluso nel modo più andreottiano: con una verità sfuggente.
Nel suo libro, ampiamente rivisto e aggiornato per questa nuova edizione, Massimo Franco racconta e analizza Andreotti e il suo mondo: gli alleati, i nemici, il suo alone intatto di mistero, ma anche la famiglia invisibile per decenni, e sorprendente nella sua stranissima normalità. Attraverso la silhouette curva del «Divo Giulio», aiuta a capire che cosa siamo stati e non siamo più. In un’Italia che cambiava o fingeva di cambiare, Andreotti rimase sempre se stesso: nel bene e nel male. Ha permesso all’Italia di specchiarsi per mezzo secolo in lui, di sentirsi migliore, o forse solo di autoassolversi.
La conversazione con i due giornalisti ha toccato i contenuti dell’opera e Massimo Franco, con la lucidità che caratterizza le sue riflessioni, ne ha illustrato vittorie, sconfitte, rinascite e tonfi clamorosi compresa un’analisi della personalità di un uomo con le sue debolezze, le sue manie e la sua dissacrante ironia nell’affrontare le situazioni più complicate. Il politico di un’epoca unica: garante delle politiche stelle e strisce, assicuratore indefesso delle preoccupazioni vaticane, punto di equilibrio tra destra e sinistra proiettando il punto di sintesi nella teoria dei due forni.
La parabola discendente conseguenza dei processi per mafia, il bacio a Riina rimasto avvolto nel mistero, i rapporti con il banchiere Michele Sindona e l’assassinio di Giorgio Ambrosoli, l’ombra mai dissipata dell’intreccio con la P2 di Licio Gelli e poi ancora l’Italia delle trame nere e del terrorismo. C’è sempre in tutte le vicende un pezzetto diretto o indiretto della mente di colui che è stato un campione di equilibrismo nel suo purgatorio perenne.
Come avrebbe affrontato la crisi politica che caratterizza oggi il nostro Paese?
“Non l’avrebbe capita, sbotta Massima Franco, ma è certo che avrebbe fatto appello all’unico ed esclusivo strumento dove si affrontano le crisi: il dibattito in Parlamento”.
Prossimo appuntamento per “Libri sotto un cielo di Stelle” domenica 25 agosto p.v. alle ore 20,30 con la presentazione di “Ercole Patti tutte le Opere” di Sarah Zappulla Muscarà ed Enzo Zappulla che converseranno con la giornalista Franca Antoci. Recitazione dei brani tratti dall’opera a cura degli attori Mariano Rigillo e Anna Teresa Rossini. Al pianoforte Andrea Cannata.