Sciopero? Meglio una scaccia!

Sempre piuttosto critico nei nostri confronti, Indro Montanelli raccontò più di una volta un suo aneddoto per descrivere il siciliano medio.
Guerra d’Etiopia, 1935: nel plotone del giovane sottotenente che poi diventerà uno dei più originali giornalisti nazionali, vi è anche un soldato proveniente dall’Isola. Il gruppo ha più di uno scontro a fuoco con gli africani che, giustamente, vogliono respingere gli invasori. Ogni volta, il nostro conterraneo si limita a ripararsi, senza nemmeno caricare il fucile in dotazione. Tornata la normalità, alle rimostranze dei compagni di reparto egli ripete che siccome gli etiopi non gli fanno del male, lui non pensa proprio a una risposta d’armi. Il suo atteggiamento muta dopo qualche settimana, quando un proiettile nemico gli sfiora la testa. Secondo Montanelli, un attimo dopo aver capito di essere scampato alla morte, il siciliano interroga la propria coscienza con sole due parole: “A mmia?”
“Da quel momento, il soldato cominciò a sparare a qualunque cosa si muovesse davanti a sé”, ricordò diversi decenni dopo l’ex inviato e direttore di giornali.

La storiella sovviene leggendo ogni giorno articoli, post e commenti sui numerosi problemi del nostro territorio. La lista è lunga: i trasporti, l’impoverimento economico e produttivo, la mancanza di buone occasioni di lavoro, la sanità, le scuole senza certificazione di agibilità statica né di prevenzione incendi, eccetera. Così lunga che ognuno di voi, cari lettori, può estenderla fino ai minimi particolari, molti dei quali affondano le origini ad epoche lontanissime, ormai quasi impercettibili. A parte una certa indignazione sui social però, in pochi protestano. E per protesta intendo le manifestazioni di piazza, gli scioperi che hanno caratterizzato per tanti anni la vita sociale, e quindi politica, di questo territorio. Un diritto, riconosciuto dall’articolo 40 della Costituzione, che stiamo perdendo.

Da noi non ci sono quasi più cortei, anche silenziosi; non si sentono slogan né si leggono striscioni preparati dagli organizzatori. Quand’è stata l’ultima volta che abbiamo manifestato per chiedere qualcosa, in difesa di qualcuno? I sindacati, storicamente i primi a organizzare scioperi, sembrano essersi rifugiati più che altro nell’invio di comunicati stampa che, riportati come tali, hanno un impatto sulla pubblica opinione di poco superiore allo zero virgola.

Ormai il massimo che sappiamo fare è scrivere un commento su Facebook. I leoni da tastiera, placida definizione per indicare pavidi maleducati che insultano anziché argomentare, sembrano quel siciliano di 90 anni fa: “A mmia?”
Ci siamo ridotti a scrollare le spalle sul molto che ci circonda e non va, almeno fino a quando il poco non tocca gli interessi del nostro giardino sempre di più ridotto a moquette. Una mareggiata che si estende fino alle varie elezioni, in cui la voglia di esprimere una preferenza è scesa pericolosamente fino ai minimi termini.

Molti ragazzi in età scolare non hanno mai scioperato o ne hanno avuto pochissime possibilità. Non che debba essere rappresentata come esempio, ma non sanno cosa sia una “càlia”, l’assenza volontaria dalle lezioni in presenza di un motivo molto forzato, una scusa insomma, come potrebbe essere una protesta contro l’uccisione di elefanti e ippopotami in Namibia per combattere la fame (notizia vera, tra l’altro).

Eppure, senza cercare chissà dove, un motivo ci sarebbe. La loro prima forma di protesta dovrebbe essere contro le generazioni precedenti, a cominciare da quella di noi papà. Stiamo consegnando a loro un territorio da ultimi posti in tante classifiche: dagli stipendi alla ricchezza, ai consumi, alla cultura. Stiamo perdendo molti giovani perché si restringono le prospettive di una vita migliore rispetto a quella degli antenati. Senza certezze, tanti brillanti ragazzi sono costretti ad andarsene.
Chi rimane, almeno ha le scacce assicurate. A giudicare dal numero di bar, rosticcerie e posti dove affondare i denti, nel ragusano il futuro sembra appeso più a soddisfare l’apparato digerente che la parte in cui si elaborano idee e strategie. Forse è per avere ingerito troppi carboidrati che ormai ci siamo abituati a fare spallucce.

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