SE A SAN GIOVANNI NON SI POTRA’ GIOCARE A CALCIO, APRIAMO IL CAMPO DI RUGBY

Premessa fondamentale: io mi dichiaro completamente a favore della decisione – molto discussa e contrastata – presa dal sindaco di Ragusa con la quale si vieta il gioco del pallone in Piazza San Giovanni.

Prima importante nota: chi scrive – nella sua ormai lontana infanzia (legata ai “mitici” anni ’60) avrà giocato a pallone mille e mille ore in quel “cianu” come ci ostiniamo a chiamarlo quei ragusani, per fortuna ancora tanti, che non ci arrendiamo all’inglese a tutti i costi e per i quali la cava sarà sempre “gunfaluni” e mai “gionlennon” con tutto il massimo rispetto per il poeta di Liverpool.

Seconda altrettanto importante nota: non si tratta di rinnegare il proprio passato (cosa che sovente capita a noi vecchi), ma una cosa è il gruppo di dieci ragazzini che calcia gridando sul sagrato senza fare danno alcuno, e tutti noi ragusani lo sappiamo benissimo, tutt’altra cosa sono quella dozzina di mulaccioni trentenni che non nel “cianu”, ma “nte logghi” spara calcioni a rischio serio per tutti quelli che si trovano a passare o a gustare un caffè o un gelato. Qualcuno si è perso in questo discorso? Facciamo subito chiarezza: la piazza San Giovanni Battista a Ragusa è divisa in due distinte porzioni. In alto il vero e proprio sagrato della Cattedrale, detto “u cianu” dove tutti i ragusani del passato anche recente hanno giocato a calcio senza fare alcun danno. In basso “i logghi”, cioè la parte ampia di piazza vera e propria dedicata alle attività commerciali (ormai pochissime) e da sempre (ma purtroppo non più) luogo di ritrovo soprattutto domenicale di tutti i ragusani, giovani e adulti. Nel “cianu” si può anche giocare (secondo noi, non secondo la delibera del sindaco) mentre “nte logghi” è ovviamente inopportuno, sconsigliato, insomma, giusto vietarlo.

Osservazione: se vietare il gioco del pallone (e di tutte le attività che possono arrecare disturbo a indigeni e turisti) è cosa giusta, altrettanto giusto sarebbe prevedere uno spazio per chi in quella piazza giocava al calcio e adesso gli è stato interdetto, pena una bella multa da parte dei Vigili Urbani.

Uno spazio dove poter giocare a calcio.

Perché questo ragionamento? Semplicissimo: tutti sappiamo bene quanto nessuno ha però detto e scritto in maniera definitivamente chiara. A giocare davanti la Cattedrale non sono indistintamente tutti i ragazzi, com’era ai miei tempi, quando ginocchia e gomiti si “scuriavunu” al figlio dell’operaio e al figlio del medico. Oggi ci giocano solo i figli (e purtroppo anche i padri, che sono la causa delle lamentele e quindi del provvedimento del sindaco) di rumeni, polacchi, ucraini che non possono permettersi di spendere cinque euro per un’ora di calcetto sull’erba sintetica di uno dei tanti club alla periferia della città.

Ecco allora la nostra proposta, lanciata al sindaco sperando che a leggerla sia l’assessore allo Sport Ciccio Barone, di suo molto “creativo” e pronto sempre ai suggerimenti: il famoso campo destinato al rubgy sul quale le squadre cittadine hanno giocato per un paio di campionati per poi vederlo trasformare in una tipica ciusa destinata al pascolo. Lo si attrezzi per l’uso (si tratta di togliere le ebracce e lasciare serenamente la terra battuta, non occorre il manto erboso, naturale o sintetico) e lo si apra per farci giocare tutti quelli che non sono in grado di pagarsi lo sport spontaneo ma sono perfettamente in grado di organizzarsi. Sono troppi? C’è sempre la “terza squadra”.

 

Hicsuntleones