SE FUORI PIOVE

 Le tesi fra  loro contrastanti sono variegate,  per cui non appare di facile previsione se l’attuale governo rimarrà in carica oppure, in alternativa, se ne possa dare vita ad altro con una maggioranza diversa od ancora se si avvicinano nuove elezioni.

Qualunque può essere il risultato i problemi a caratura nazionale rimangono e abbisognano di essere affrontati.

Se cade il governo e al suo posto ne subentra un altro il debito pubblico rimane e necessita di azioni concrete per evitare il suo aumento. Le ragioni del suo attuale ammontare sono diverse e comunque originate da passate eredità o da contingenze allora non ritenute tali da farlo aumentare.

La nostra economia è inserita in parametri europei che bisogna rispettare fino a quando da questo consesso ne facciamo parte. I politici di alto rango allorquando ne parlano nei dibattiti televisivi si dichiarano tutti d’accordo nel sostenere che una della causa principali è data dalla spesa pubblica.

Il riferimento il più delle volte è generico e indicare con precisione quale parte della spesa pubblica bisognerebbe ottimizzare se non addirittura tagliare, non viene responsabilmente indicato. Indicare con precisione cosa  tagliare o modificare significa individuare reparti o servizi che magari gli stessi politici hanno concorso a creare nel tempo ed ora non sono in grado di ridimensionare o eliminare del tutto. La politica è anche questa. Qualche proposta, sia pure generica, è stata ciò non ostante fatta. Si è parlato dell’ unificazione dei comuni  con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti. Questa proposta, però, farebbe risparmiare solo le spese per gli organi elettivi: In effetti, sarebbe ben poca cosa e comunque non tale da incidere significativamente nel debito pubblico.

C’è un’altra proposta che si potrebbe avanzare e che sarebbe, però, poco avvincente per la classe politica a prescindere dalla sua colorazione. Gli enti locali, in particolar modo, siano essi regionali o locali sono stati destinatari di una consistente diminuzione di trasferimenti finanziari. Le minori risorse disponibili non costituiscono, però, l’unica causa determinante. La modifica del titolo V della Costituzione in line di principio era obiettivamente pregevole, nel senso che demandava agli organi non statali un’autonomia di spesa che doveva essere utilizzata principalmente in aderenza e applicazione di un’autonomia operativa essenzialmente discendente da una cultura politico-amministrativa. Questo in larga misura non c’è stato, nel senso che si sono privilegiate delle spese  alquanto distanti per la loro finalità ad essere considerate obbligatorie ed essenziali e comunque idonee a meglio curare l’interesse pubblico della collettività. Molto spesso ha preso consistenza un interesse anche elettoralistico e comunque colorante esigenze politiche del parito poltico di riferimento. Nessun partito o coalizione è sfuggito a tale finalità.. Impegnare, ad esempio, una certa somma per una sagra realizza un rapporto diretto fra chi la finanzia, in tutto o in parte, e quell’associazione che la cura e la gestisce. Sia ben chiaro che tali spese non sono per loro stessa natura illegittime. Tante volte contribuiscono a mantenere e far rivivere momenti culturali e storici legati al territorio  e come tali facenti parte della storia locale.

Il problema è, invece, quello di regolamentare la quantità di spesa che per tali finalità può essere prevista nel bilancio dell’ente pubblico e rapportarla a quella altra spesa che la stessa amministrazione deve prevedere per i servizi obbligatori dei quali non ne può fare  a meno perché diretti a soddisfare le generali esigenze della collettività. In atto non esiste l’obbligo di prevedere in bilancio quanta spesa può destinarsi per servizi non essenziali rispetto a quelli obbligatori.

Un’attenta amministrazione potrebbe prevedere, in rapporto alle sue disponibilità, la percentuale di spesa da poter impegnare per i servizi non essenziali rispetto a quelli obbligatori di cui non ne può far meno. A mò di esempio si potrebbe stabilire che le spese non essenziali non possono superare il 5 o il 10 per cento rispetto a quelle obbligatorie. Del resto, cosa avviene nel bilancio di ogni famiglia? Ogni padre di famiglia in rapporto al reddito di cui può disporre organizza e gestisce la vita sociale della sua famiglia. E’ obbligato a comprare regolarmente il pane ma può allontanarsi dall’abitudine di mangiare la pizza ogni sabato con tutta la famiglia. Rientra nella comune esperienza di ognuno che il soggetto che ha un reddito mensile di poco più di 1000 euro e deve mantenere possibilmente la moglie che non lavora e il figlio che ancora studia per risparmiare evita una vacanza, o si compra una camicia invece di due. Un ente locale come prima sua finalità deve assicurare i servizi essenziali e quindi obbligatori per la comunità amministrata e non di rado per motivazioni politiche o di immagine è portato ad elevare le spese per i servizi non essenziali.. Se fosse obbligato a non superare una certa percentuale di spesa per servizi non essenziali ne trarrebbe vantaggio la comunità destinataria dei servizi obbligatori.

Se la distinzione della natura dei servizi di cui si è detto promanasse da una  legge statale il risparmio sarebbe oltremodo consistente o, comunque tale, da poter influire, su scala nazionale, sul debito pubblico.

Di recente dall’attuale governo è stato ancora diminuito il numero delle auto blu perché per alcuni servizi sono state ritenute non essenziali ed è chiaro, quindi, che quella spesa non era di natura obbligatoria. Il governo Monti rinunciò, per risparmiare, alle celebrazioni delle Olimpiade. 

Se non stabilito da una normativa statale, la distinzione di cui si è detto potrebbe autonomamente essere fatta propria da ogni amministrazione che in tal modo potrebbe giustamente essere chiamata virtuosa.  

Quando fuori piove ognuno di noi opera una scelta: se si è obbligati si procura in ombrello, se non si è obbligati si rimane dentro. Sono le circostanze che ci obbligano ad effettuare delle scelte..

 La cultura risparmiatrice se non c’è bisogna coltivarla.

La nostra economia è inserita in atto, a torto o a ragione, in un contesto che supera i confini nazionali. Il nostro debito pubblico in buona parte è oggetto di investimenti finanziari esteri che seguono attentamente come noi spendiamo il denaro che ci prestano. Legittimo e non censurabile è l’operato di chi investe che si affida alle regole del mercato. E’ nostro interesse ed obbligo promuovere tutte quelle attività idonee a che il nostro debito possa diminuire anziché aumentare. . Nessuno vedendoci scendere da Gerusalemme a Gerico ci ha aggredito e bastonato e per tale motivo non possiamo aspettare di essere soccorsi da un Buon Samaritano.  

 

                                                                                   Politicus