L’uomo di ogni epoca da sempre ha cercato di seguire e perseguire uno stato di benessere, che, comunemente, si può sintetizzare con l’espressione: felicità.
Tale stato d’animo può essere indicato come “l’equilibrio di varie sfumature”, dissimile in ogni individuo e in ogni epoca storico-geografica.
Fin dai tempi più remoti, l’uomo ha trovato dinanzi a sé degli ostacoli che hanno impedito l’assoluto raggiungimento del benessere psico-fisico. Grazie al progresso, molte difficoltà sono state superate, ma altre ne sono sorte.
Come affermato nell’articolo “Alti e bassi dell’economia della felicità” di Mauro Maggioni e Michele Pellizzari (“La Stampa” 2003), ogni uomo si ritiene soddisfatto in relazione a quanto possiede, ma viene animato ugualmente dal desiderio di possedere di più. La felicità non cresce proporzionalmente ai miglioramenti economici e sociali. Secondo i medesimi giornalisti, infatti, i cittadini europei erano soddisfatti nel 1992 allo stesso livello di venti anni prima. Dai dati si evince che ogni individuo è mosso dal desiderio di possedere ciò che non ha, un desiderio intenso che lo acceca tanto da condurlo anche a gesti estremi, come il suicidio. La realtà odierna ne è la prova. In una situazione di crisi generale, sia morale che economica, il benessere viene ricercato soprattutto in ciò che è materiale. L’uomo dimentica che l’essenza della felicità si ritrova all’interno del proprio essere. È pur sempre vero che il desiderio di avere di più, dal punto di vista economico, può essere considerato un’aspirazione lecita, di fondamentale importanza per coloro che non hanno a disposizione denaro a sufficienza per condurre una vita dignitosa.
Talvolta la “sete” di poter realizzare i propri sogni non è nient’altro che un diritto inalienabile dell’uomo ed è bene che venga “dissetata” da chi ha il dovere di stabilire uguaglianza, pari opportunità e dignità tra gli uomini. I migranti, che continuamente intraprendono lunghi viaggi verso l’Europa, non desiderano nient’altro che la stabilità politica e una possibilità di sopravvivenza
Non vi è alcuna “sete” ingiusta. È solo “sete di felicità”.
Tutti gli Stati democratici sanciscono il diritto al benessere, diritto ottenuto con il sangue umano versato, quello di uomini che, per i loro ideali, hanno dato la vita per donare ai cittadini pari opportunità, senza distinzione, come proclamato dalla Costituzione italiana. Ogni ostacolo che impedisce il raggiungimento dell’uguaglianza deve essere rimosso dallo Stato.
I Padri costituenti hanno redatto uno dei pilastri della felicità con l’articolo 3, ma, nonostante la democraticità dello Stato italiano, gli uomini subiscono ingiustizie legate alla effettiva mancanza di pari opportunità: non tutti gli italiani trovano un’occupazione, i giovani partono per mancanza di occasioni lavorative, molti vivono disagi economici. Tutti coloro che si trovano in tali situazioni hanno “sete di felicità”. Il benessere è tutelato, ma non sempre realizzato. Vi è un abisso tra legge e realtà e ciò può determinare “infelicità”.
Già il 4 luglio 1776, nella “Dichiarazione di indipendenza” americana era stato sancito il “diritto alla felicità”, importante tanto quanto il diritto alla vita e alla libertà.
La ricerca della felicità deve anche iniziare all’interno dell’animo umano, lì dove in ogni uomo dominano incertezze, sogni, voglia di vivere, di realizzarsi, di migliorare se stessi e il mondo. Ma non tutti ritengono che ciò possa costituire parte della ricerca della felicità. Eppure, la vita è una tra le più belle opere d’arte, come ritenuto dal filosofo polacco Bauman ne “L’arte della vita”, e come tale bisogna prendersene cura, tentando l’impossibile, bisogna porsi degne sfide, obiettivi ancora non raggiunti e sperare che vengano conseguiti. Nonostante tutto, come espresso dallo stesso Bauman, “una felicità <autentica, adeguata e totale> sembra rimanere costantemente a una certa distanza da noi”.
Molti poeti del passato, come Leopardi, e altri autori del presente hanno trattato il tema della felicità. Ogni essere umano volge lo sguardo a questa come l’orizzonte che ci sfugge ogni volta che cerchiamo di raggiungerlo. Non si può stabilire in cosa consista la felicità, ma è possibile, seppur con dei limiti, capire come si sta bene con se stessi e con gli altri. Spesso, si ritrova il benessere in tutto ciò che è semplice, in ciò che ci stupisce. Una giornata di primavera può far sentire tutti meno vuoti e più sereni. Il rumore del mare può far evadere dal mondo e far trovare la pace con il proprio essere. Il cielo stellato può mostrare che nel buio le stelle brillano, colmando di speranze il cuore di chi guarda quella stella come alla felicità.
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Articolo redatto da:Mariangela Paladino
V C SIA
ITET “G. GARIBALDI” MARSALA
Docente referente del Progetto: Maria Rita Bellafiore