Uno studio multicentrico Italiano ha evidenziato che tra il 2000 ed il 2005 507.671 Italiani di età maggiore di 65 anni, hanno subito una frattura d’anca, con esiti mortali per 120.000 pazienti. Ad essere maggiormente colpite sono donne di oltre 75 anni, osteoporotiche con costi di ospedalizzazione nel 2005 pari a 467 milioni di Euro e di Riabilitazione pari, nello stesso anno, a 531 milioni di Euro.
Appare quindi corretta la definizione di “Epidemia silenziosa” che viene data alla Osteoporosi dall’OMS (organizzazione Mondiale della Sanità) riassumendo efficacemente i problemi Socio-Economici che tale patologia determina. L’osteoporosi è una malattia sistemica dello scheletro caratterizzata dalla diminuzione della massa ossea, interessa per lo più donne in post-menopausa e pur essendo il femore prossimale la sede più frequentemente interessata da fratture osteoporotiche non si possono misconoscere le fratture dei corpi vertebrali, del polso, del bacino e delle coste. Le fratture del femore più spesso spontanee che secondarie a cadute, determinano perdita di autosufficienza con il 40% dei soggetti non più in grado di camminare in modo autonomo ed il 60% che necessita di assistenza per almeno un anno,compromettendo in modo sostanziale la qualità di vita.
La patogenesi è multifattoriale; alcuni fattori di rischio incidono sulla riduzione della massa ossea (sesso femminile, poco calcio nella dieta, scarsa attività fisica, menopausa precoce), altri aumentano il rischio di cadute (abuso di alcool, disabilità, abuso di psicofarmaci, fattori ambientali) ed altri ancora agiscono su entrambe le cause (età, fumo, basso peso corporeo e carenza di vitamina D). Sono utili esami di laboratorio di primo livello (ves, emocromo, protidemia, calcemia, fosforemia, fosfatasi alcalina, creatinina e calciuria nelle 24 ore), capaci di escludere forme secondarie di osteoporosi che vanno poi ricercate con esami di secondo livello.
Gli esami strumentali permettono di calcolare la massa ossea espressa in termini di BMD e tra questi la DXA (densitometria) fornisce la miglior stima del rischio di frattura nelle donne in postmenopausa; la BMD si può calcolare anche con la TAC (che però è più costosa, dà più radiazioni al paziente,è meno precisa) e con l’ultrasuonografia ossea (viene eseguita nel calcagno e nelle falangi) che ha una capacità predittiva sovrapponibile alla DXA ed è da preferire per i costi bassi e l’assenza di radiazioni in caso di screening di primo livello. La notevole eterogeneità delle apparecchiature fa sì che per la diagnosi di osteoporosi l’OMS raccomandi la DXA a tutte le donne superiori a 65 anni; per chi è più giovane l’esame DXA è indicato per chi ha avuto una menopausa precoce, per chi fuma e per le donne magre. L’esame DXA trova giustificazione ogni 2 anni.