Chi non ricorderà il caso di Mukhtar Ablyazov, il bancarottiere ed oligarca pseudo-dissidente kazako, balzato lo scorso anno agli onori delle cronache italiane. L’arresto rocambolesco e l’estradizione dall’Italia della moglie Alma Shalabayeva. La bufera mediatica scatenatavisi ad hoc, da parte di una certa stampa italiana, orchestrata da potenti agenzie internazionali. Il congelamento dei rapporti commerciali con il Kazakhstan e dulcis in fundo, la visita ufficiale del Premier Renzi, il 12 giugno scorso ad Astana, per ricucire i rapporti bilaterali con il Presidente Nazarbayev.
Ablyazov era fuggito dal Kazakhstan con oltre 7 miliardi di dollari, frutto del fallimento della banca BTA da lui presieduta. Ablyazov, oggi, si trova in carcere il Francia, inseguito da mandati di cattura internazionali emessi non solo dal Kazakhstan, ma anche da Russia ed Ucraina, visto che la BTA operava in tutta quest’area.
Non mancano tuttavia gli epigoni, se non in questo specifico caso, i precettori.
Molti degli ex paesi post-sovietici, oggi locomotive dello sviluppo di uno spazio geo-economico verso il quale dovremmo volgere lo sguardo, possiedono, purtroppo, degli anfratti foschi, degli scheletri nell’armadio che talvolta si trasformano in un vaso di Pandora da cui i mali si riversano nel mondo assumendo, nella fattispecie, le fattezze degli oligarchi. Uno di questi è il cosiddetto “dottor” Shoraz, alias Rakhat Aliyev.
Dottor Shoraz, in quanto lo è veramente di formazione, in medicina ed economia, oltre ad essere stato, in Kazakhstan, un alto funzionario, un politico, uomo d’affari e diplomatico.
Nonostante il Giuramento di Ippocrate, tuttavia, si è altresì dimostrato freddo e privo di scrupoli pur di accrescere le proprie ricchezze, tant’è che lasciò il Paese dopo essersi impadronito di molti milioni di dollari. Estendendo dietro di sé una scia di crimini fra i quali l’omicidio rappresenta solo uno degli aspetti.
La corte kazaka lo ha condannato a 40 anni di carcere.
Shoraz, Rakhat Aliyev ha quindi cercato protezione in Europa, in Austria dove anche prese per moglie una cittadina, onde attraverso il suo nome, confondere le indagini cercando di occultare le schiaccianti accuse incriminanti.
In seguito si spostò a Malta, da dove, dopo una serie di ambigue peripezie approdò nuovamente in Austria. Ma qui, contrariamente alle aspettative, venne detenuto nella prigione austriaca di Josefstadt, mentre il Tribunale regionale di Vienna prendeva la decisione di estendere il suo periodo di detenzione preventiva, nonostante i tentativi degli avvocati di rilasciarlo su cauzione, data la gravità delle imputazioni.
Le forze dell’ordine dell’Austria hanno motivi convincenti di ritenere di avere a che fare con un sadico e spietato assassino, come dimostrano i materiali della causa penale, un angelo della morte, quasi un serial-killer.
Fra le altre cose, infatti, Shoraz è reo di aver perpetrato l’assassinio, in stile mafioso, di due uomini d’affari ai quali aveva prima fatto somministrare dei farmaci psicotropi, quindi strangolati e poi nascosti i corpi in botti, riempite di calce. Sepolti poi in una zona desertica. Le vittime furono torturate, costrette a riscrivere la quota di società di copertura del proprio business, e poi semplicemente smaltite come testimoni pericolosi.
Aliyev inoltre, secondo alcune indagini, fece torturare le due guardie del corpo di Akezhan Kazhegeldin – ex primo ministro del Kazakhstan – per ottenere la confessione di un colpo di Stato. I due uomini, lbaryev e Afansenko, sostennero che nell’aprile 2000, Aliyev li avesse torturati al fine di ottenere la confessione che Kazhegeldin stesse tramando un colpo di stato contro il Presidente Nazarbayev.
Aliyev è altresì accusato, dai pubblici ministeri kazaki, di essere stato il mandante, nel febbraio 2006, dell’assassinio di Altynbek Sarsenbayev, leader dell’opposizione kazaka.
Infine, Aliyev è imputato anche di aver torturato e ucciso la presentatrice TV 23enne Anastasiya Novikova. La famiglia perse i contatti con lei nel 2004 e ne denunciò la scomparsa tre anni dopo il 26 luglio 2007. Alcune lettere identificarono Aliyev come il padre di una figlia illegittima avuta con la presentatrice, la quale in seguito sposò Danijar Esten, un funzionario dell’Ambasciata Kazaka di Vienna, per coprire il flirt di Aliyev.
Aliyev nega tutte le accuse contro di lui affermando che sono motivate politicamente, ovvero – come gli altri oligarchi – giocando sempre la carta della dissidenza.
Il Kazakhstan, fino al 2011, ha chiesto l’estradizione di Aliyev che gli è stata negata. Rifiuto accolto festosamente dall’oligarca senza rendendersi conto che, in base ad accordi internazionali, l’Austria rifiutando l’estradizione, è obbligata altresì a svolgere una propria indagine.
E il fatto stesso dell’incarcerazione del medico Shoraz la dice lunga.
Dopo aver trascorso una complessa indagine triennale, durante la quale sono stati esaminati numerosi fatti e intervistanti più di un centinaio di testimoni, nonché consultati esperti che valutassero gli elementi probanti disponibili, l’ufficio del Procuratore di Vienna ha emesso per l’oligarca un mandato d’arresto europeo.
Chiaramente gli avvocati dell’imputato continuano ad attenersi alla loro linea di difesa, facendo leva sul fatto che l’imputazione possieda connotazioni politiche.
La linea difensiva insiste sul fatto che Aliyev sarebbe nientemeno che una vittima della persecuzione politica, un oppositore al cui carico esisterebbero soltanto frammentari indizi artefatti e fraudolenti, creati ad hoc. Nondimeno, l’Ufficio federale di polizia criminale ha intrapreso, per conto del Procuratore di Vienna, una valutazione approfondita delle operazioni investigative compiute dal Kazakhstan, giungendo ad una conclusione scritta secondo cui: “non esiste nessun motivo sufficiente per supporre che le accuse mosse contro Aliyev e i suoi associati siano state falsificate dalle autorità kazake”.
La Strategia di Aliyev e dei suoi molti consulenti è molto semplice: creare una sorta di miraggio, una teoria della cospirazione che non tolleri la benché minima critica.
Sta di fatto che Aliyev non abbia creato né partiti né si sia mai battuto per la democrazia. Si è accreditato all’opposizione solo dopo che la sua persona era stata seriamente inquisita e compromessa dalle forze dell’ordine del Kazakhstan.
Fin qui la cronaca. Ma le conseguenze vanno al di là degli aspetti giudiziari. Da una parte ci sono Paesi lusingati dall’idea di offrire ospitalità anche ai peggiori criminali, purché dotati di cospicui patrimoni.
Si tratta, tuttavia, di atteggiamenti che infastidiscono molto i Paesi che hanno emesso i mandati di cattura. E che faticano a comprendere perché chi ha rubato non finisca in galera ma possa continuare a trasferirsi da un Paese all’altro. Sempre con l’endorsment da parte di una certa stampa o delle Ong di turno. Atteggiamenti che rischiano di compromettere anche i rapporti tra Paesi, tra aziende, tra imprenditori, così come lo fu il caso Ablyazov.