Dopo l’azzeramento il governo regionale pensa di fare tornare in vita le Province, almeno per quanto riguarda la scelta da parte dei cittadini dei loro amministratori .
Oggi verrà presentato l’elenco delle nuove nomine per il ruolo di commissario dei Liberi Consorzi.
Il primo atto di una manovra che vedrà il traguardo a giugno: il governo regionale ritiene che per allora potrà essere nelle condizioni di indire le nuove elezioni e ridar vita così alle vecchie Province.
I vecchi commissari sono scaduti a San Silvestro e quindi fino alle nuove nomine le ex Province sono prive di guida. L’assessore agli Enti Locali, la forzista Bernadette Grasso, ha già fissato un incontro con Musumeci per oggi e da lì uscirà il nuovo assetto.
Secondo le indiscrezioni circolate, oggi potrebbe arrivare una mini proroga di 15 giorni per i commissari uscenti, per evitare il black out amministrativo. Poi è inevitabile che l’asse Forza Italia-Musumeci spazzi via il vecchio assetto di ispirazione Crocetta-Pd: nessuno dei commissari uscenti dovrebbe essere confermato in incarichi duraturi.
Le nuove nomine dureranno fino a fine giugno. Finora la scelta è caduta su funzionari della Regione, per lo più in pensione, ma la platea dei prescelti potrebbe diventare più vasta e comprendere anche segretari generali degli enti locali, dirigenti statali e altre figure.
Il punto è che il groviglio di norme che dal 2014 a oggi ha modificato ben 8 volte la regolamentazione delle Province porterà in ogni caso a un caos amministrativo. In primis va ricordato che i nuovi commissari si insedieranno solo nei sei Liberi Consorzi (Agrigento, Enna, Caltanissetta, Siracusa, Ragusa e Trapani) mentre nelle tre città metropolitane saranno in vigore altri due assetti diversi.
Dunque probabilmente fra oggi e i prossimi giorni le ex Province saranno così regolate: nuovi commissari a Enna, Agrigento, Trapani, Siracusa, Ragusa e Caltanissetta, vecchio commissario a Messina e sindaci metropolitani privi di reali poteri a Palermo e Catania.
Il governo non fa mistero intorno al suo piano: «Noi vogliamo tornare all’elezione diretta e per questo abbiamo deciso di resistere all’impugnativa dello Stato davanti alla Consulta – ha illustrato ieri la Grasso – ma nell’attesa le Province non possono restare nel limbo e Roma deve consentirci di rimettere in piedi il sistema non solo dal punto di vista organizzativo ma anche da quello economico».