La rubrica dello psicologo, a cura di Cesare Ammendola
Il grande Slam delle polemiche inutili non finisce mai. Cinque lunghi set di filippiche di cui francamente non sentivamo la mancanza. Una finale sfiancante che non vede un vincitore.
Amadeus invitò Sinner a Sanremo. Insisteva.
Non ha capito che Jannik non è Singer. È Sinner.
È cioè un giovane di questo tempo, che rappresenta esattamente il contrario di Sanremo. Cosa hanno in comune la semplicità, l’autenticità, la forza individuale dell’eccellenza, il senso del sacrificio da una parte e un mondo fatto invece di pochino talento e una certa frivolezza, apparenza, immagini artefatte, precotte tra melodie a volte scontate e parole a volte banali?
Io a Sanremo ci andrei solo per Fiorello e due, tre cantautori al massimo.
Ma Sinner faccia come crede (pare che infine non andrà). Mi permetto di ricordargli solo una cosina: trovo discutibile che la RAI (la televisione degli italiani) non abbia voluto consentire a tutti di sostenere Jannik mentre rimontava nel sudore. E lo reclami ora a gran voce in doppio petto, a pupeggiare per gli ascolti su un palco di gente. Gente sempre pronta a salire, in un giro di note, sul campo del vincitore.
E ora, come se non bastasse, la piccata obiezione di tanti per i quali noi italiani non dovremmo essere orgogliosi del prodigioso tennista, perché il giovanissimo (magari consigliato in merito) ha la residenza a Montecarlo e non paga le tasse qui.
Ma suvvia! E orsù! Noi siamo fieri di un nostro connazionale di successo che, col suo talento e il suo senso del sacrificio, porta alto il nome dell’Italia in tutto il mondo. Tutto qui. Non pretendiamo che il ragazzo sia perfetto come chi lo critica (“bastian contrario dell’originalità più scontata”).
Le sue scelte sono legali e legittime. E molto diffuse a certi livelli (ipocrisie e retoriche a parte). Non so come ci comporteremmo noi al posto suo sinceramente. E comunque, non abbiamo bisogno di condividere tutto quello che fa per essere orgogliosi della sua luce.
Peraltro, io non sono certo che il campione sia “altoatesino” e “alberghi” a Montecarlo.
Sinner è di Ragusa. Non tutti sanno che Jannik Sinner è originario della Nunziata. Il nonno, da cui ha preso il nome, tale Iano Sinneri di Licodia Eubea, si trasferì nel ragusano per ragioni sentimentali.
D’altro canto, i tratti tipicamente normanni (pelle provolina, lentiggini iblee, chioma rosso-San Giorgio) rivelano le innegabili ascendenze del campione.
Com’è noto, a un suo avo si ispirò Giovanni Verga nel concepire il capolavoro “Rosso Malpelo”, la storia ambientata nel 1878 di un giovane campione di Padel bullizzato da uno zio invidioso “No Vax”.
Dal DNA siculo e dalla filosofia ibleo-sicana il giovane Sinner ha ereditato umiltà, operosità, senso del sacrificio. E la forza mentale dei nonni che non si danno mai per vinti, neanche difronte alla congiura della grandine. Fortunatamente i tanti difetti invece li ha scansiati tutti.
E ho il sospetto che l’altoasicano ora risieda a Marina di Ragusa. L’ho visto in monopattino sulla pista ciclabile e mentre scambiava due colpi con mio cugino a Kamarina sulla terra rossa. Qualche anno fa. Peraltro, mio cugino deve ancora riprendersi dal 6-0, 6-0, 6-0. È ancora in analisi.
E comunque, sapete che vi dico? Anche quando Sinner non fosse siciliano, finalmente noi siciliani, per un soffio di giorni di splendido orgoglio, saremmo tutti Sinner.