Premetto che oggi è certamente un momento di grande tristezza, quando l’angoscia induce un padre di famiglia a un gesto disperato che lo conduce alla morte, il rispetto verso il dolore della famiglia, ma anche verso la memoria del signor Guarascio rendono particolarmente difficile affrontare i temi che sono stati alla base della grande sofferenza che lo ha vinto.
Piero Gurrieri ha voluto, meritoriamente, che questo fatto così grave e così emotivamente coinvolgente costituisse un punto di partenza per richiedere a gran forza la risoluzione di questo tipo di problemi promuovendo una proposta di legge di iniziativa popolare che limitasse la pignorabilità della prima casa e dei beni mobili e immobili destinati all’attività d’impresa oltre a regolamentare l’accesso alle aste pubbliche (cosa ottima visto che ci si muove in un ambito molto delicato).
Il tema è sicuramente di grande momento, atteso che la crisi economica sta’ mordendo in profondità e la prospettiva del suo prolungarsi getta ombre sul futuro dei cittadini, e Gurrieri forte delle sue competenze giuridiche ha concentrato in un unico testo, armonizzandole, proposte settoriali già presentate nelle scorse legislature in Parlamento.
Ovviamente l’articolato della proposta è ben più complesso, e non credo sia questo l’ambito in cui affrontare i singoli dettagli, ma l’approccio complessivo alla problematica secondo me è troppo viziato dall’imminenza dell’evento che ci ha scosso emotivamente, e cerco di chiarire meglio il mio pensiero.
La normativa proposta nel suo complesso incide sull’azione di recupero dei crediti insoluti (sia da parte di privati che di enti finanziari) creando a certe condizioni (solo per la casa di residenza, non di lusso, qualora non si abbiano altri immobili residenziali idonei nello stesso comune di residenza) una salvaguardia per l’insolvente che in questo modo non si vedrà spossessato dell’abitazione (altra situazione è quella in cui il creditore è lo Stato e che già è normata in modo un po’ diverso).
La soluzione è senza dubbio semplice, ma purtroppo la storia dimostra che le soluzioni semplici per problemi complessi creano sempre disastri.
In effetti questo tipo di approccio per tutelare una platea che costituisce comunque una “eccezione” rispetto al fisiologico pagamento dei debiti contratti, rischia di minare in modo grave il mercato del credito; in un momento di difficoltà economica, con una problematicità già presente e connessa alla scarsa stabilità del reddito prodotto che risulta sempre più aleatorio e soggetto a variazioni significative, l’esclusione dell’abitazione dal novero delle possibili garanzie dell’abitazione principale c’è da scommettere che costituirà una pietra tombale sull’erogazione del credito alle famiglie, o per ammortizzare il maggior rischio darà luogo ad una repentina impennata dei tassi!
Le banche (e lavorandoci mi capita sempre più spesso di essere catalizzatore di malumori diffusi) non riscuotono certamente una grande popolarità nella nostra comunità nazionale, e questa “scarsa benevolenza” risulta ovviamente enfatizzata nei periodi di crisi per una molteplicità di fattori, ma essendo obbligate sia dal contesto europeo, ma anche dalle decisioni a suo tempo prese a livello nazionale di trasformare un sistema che era sostanzialmente pubblico in una rete di imprese private, risulta abbastanza prevedibile e anche oggettivamente giustificato in termini imprenditoriali che l’esclusione di quote significative di patrimonio dall’esecutività comporterà un mutato atteggiamento nell’erogazione del credito.
Se poi a questa prospettiva si aggiunge la considerazione che le legislazioni sia fiscali che civilistiche sulla prima casa (vedi IMU, tariffe utenze etc.) stanno inducendo (con il fenomeno delle separazioni simulate tra coniugi o con donazioni ai figli) a rendere “prime case” il maggior numero possibile di immobili, il quadro diventa abbastanza sconfortante ….
E allora? E’ ovvio che una soluzione a un problema così grave come quello che si è drammaticamente concretizzato a Vittoria va data, ma a mio avviso le soluzioni a situazioni eccezionali vanno trovate con rimedi eccezionali, non modificando il quadro normativo generale.
E soprattutto ai problemi sociali, come quello in esame, la risposta deve essere “sociale”, si potrebbe ipotizzare, per esempio la costituzione di un “fondo pubblico” che in situazioni eccezionali abbia riconosciuto un diritto di prelazione (avviene già per gli immobili di valore artistico-culturale) sugli immobili venduti all’asta e che hanno particolari requisiti come quelli indicati nella proposta di Piero Gurrieri anche in riferimento alla situazione soggettiva del debitore espropriato (in questo modo si da una risposta mirata al problema). Il “fondo pubblico” (si può ipotizzare il concorso della Cassa Depositi e Prestiti) affitterebbe l’immobile alla famiglia residente con gli stessi criteri delle case popolari in modo da non insidiare la stabilità della famiglia e in un momento successivo in caso di risalita della china potrebbe dare a quei soggetti la possibilità del riacquisto … peraltro il “fondo” di fatto non costituirebbe nel bilancio dello Stato un onere passivo perché si tratterebbe solo di trasformazione di liquidità in immobilizzazione che peraltro avrebbero un valore di mercato sicuramente superiore a quello a cui verrebbero acquisiti i beni, e comunque in caso di decisione della famiglia originaria di abbandonare l’immobile potrebbe essere affittato a prezzo calmierato a giovani coppie.
Capisco di essere andato ben oltre i compiti di un commentatore, ma data la gravità del problema mi sembrava doveroso che all’individuazione di una criticità nella proposta facesse seguito l’individuazione di una prospettiva alternativa, anche per alimentare il dibattito sul tema che credo sia opportuno che si sviluppi.