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Sport: a Ragusa in 15 anni controllati oltre 40.000 atleti che praticano a livello agonistico, ma nella prevenzione si può fare di più
18 Gen 2025 08:53
A Ragusa in 15 anni, nella medicina dello sport sono stati visitati circa 40.000 atleti, nessuna morte improvvisa. Sono stati rilevati 4 o cinque casi di media all’anno di soggetti a rischio di morte improvvisa: sono stati sospesi dall’attività e per loro sono stati disposti accertamenti ancora più approfonditi per escludere il rischio di morte dopo uno sforzo fisico. In altre regioni italiane esiste un “libretto dell’atleta” , una sorta di passaporto sanitario dove vengono annotate le visite ma anche le sospensioni, per evitare che un atleta bloccato, per esempio da un medico che ne conosce bene la storia, possa andare da un altro professionista ed ottenere il certificato per gareggiare. In Sicilia esiste la norma che istituisce il libretto dell’atleta, dal 2000, ma non è mai diventata operativa. I tempi sono cambiati, oggi basterebbe un registro nazionale. Questo è quanto emerge dall’intervista che l’Agi ha realizzato con il dottor Gaetano Iachelli, da qualche mese rieletto alla guida della Federazione medico sportiva della Sicilia (Fmsi). Ecco l’intervista
Non esiste in Italia la possibilità di accedere a un “registro nazionale” in cui confluiscano i profili medici degli atleti. In moltissime regioni, per evitare che un atleta possa mettere a rischio la sua vita perché “deve gareggiare”, esiste invece un libretto sanitario dell’atleta. Cosa significa? Se un atleta viene sospeso per accertamenti, il tutto viene registrato in un libretto sanitario ad hoc. Nelle regioni dove non esiste questa forma di ‘tutela’, può accadere che un atleta, sospeso da una struttura sanitaria (sia essa pubblica, sia privata), possa rivolgersi a un altro medico sportivo o altra struttura, magari sottacendo il problema che ha, e ottenga il certificato richiesto. In Sicilia, ad esempio, non esiste il libretto sanitario dell’atleta: seppur previsto dalla normativa regionale del 30 Dicembre del 2000, non è stato mai attivato. “Con l’innovazione tecnologica, anche questo strumento appare anacronistico, ma sarebbe utile averlo: una cartella elettronica a livello regionale potrebbe diventare la soluzione per continuare a ridurre i rischi di morte improvvisa, che per oltre il 90 per cento dei casi riguardano problematiche cardiovascolari”, spiega all’AGI Gaetano Iachelli, presidente regionale della Federazione medico sportiva della Sicilia (Fmsi). “Ed è anche questo uno degli obiettivi da raggiungere e sul quale la Federazione regionale sta lavorando, una cartella elettronica consultabile facilmente on line, che potrebbe contenere la storia clinica dell’atleta permettendo di tenere traccia dei provvedimenti di sospensione. In questo modo un atleta non potrebbe uscire dalla porta e rientrare dalla finestra di qualche studio medico compiacente, in alcuni casi, o in assoluta buonafede in altri, disposto a rilasciare l’idoneità medico sportiva alla attività agonistica perché il sistema stesso bloccherebbe la pratica”.
Di prevenzione e di medicina dello sport si parla solo quando, purtroppo, viene coinvolto un atleta di richiamo nazionale. E’ molto recente il caso del giovane giocatore della Fiorentina, il 22enne Edoardo Bove: un malore in campo, i soccorsi immediati e l’impianto di un defibrillatore; e a metà dicembre, quello del 18enne Piergiuseppe Camassa, giocatore del Grottaglie. Anche lui svenne in campo. Esiste il ‘rischio zero’?
“In medicina esiste sempre l’imponderabile; è chiaro che se da una parte si persegue un’accurata visita medico sportiva con rispetto dei protocolli legislativi e clinici, e sul campo di gara c’è personale addestrato al primo soccorso sportivo defibrillato (Pssd) l’imponderabile si avvicina allo zero”, sottolinea all’AGI Iachelli.
Quanto è importante la prevenzione nella medicina dello sport per il rischio cardiaco?
“La prevenzione e la tutela sanitaria dell’atleta in Italia sono già da decenni un dettato legislativo fondamentale – risponde – per evitare eventi cardiaci estremi in soggetti in apparente buona salute. Il modello italiano di visita medico sportiva di idoneità è il più avanzato ed emulato al mondo: basti pensare che in Italia muore di morte improvvisa un atleta su 1.500.000 e nel mondo 1 su 300.000; nella maggioranza dei casi si tratta di problematiche cardiovascolari. Credo che i protocolli nazionali della visita medico sportiva siano completi e ottimi. A mio parere occorre invece stimolare continuamente la formazione da parte dei medici dello sport. Come dato personale, all’Azienda sanitaria provinciale di Ragusa, nella medicina dello sport abbiamo visitato in 15 anni circa 40.000 atleti, nessuna morte improvvisa; abbiamo scoperto 4/5 casi di media l’anno di soggetti a rischio di morte improvvisa, atleti che sono stati sospesi e per i quali sono stati disposti accertamenti ancora più approfonditi. In linea generale, ma i nostri dati rispecchiano il dato nazionale, possiamo dire che per un atleta su dieci, viene chiesto un approfondimento medico e per 4/5 l’anno gli accertamenti sono intesi a escludere cause di morte improvvisa in corso di sforzo fisico”.
Iachelli sottolinea anche la necessità di uno stile di vita sano: “Alimentazione equilibrata e attività fisica, movimento costante sono importanti; purtroppo esistono patologie spesso congenite asintomatiche e latenti che uno sforzo fisico può evidenziare o ‘slatentizzare’, ovvero fare emergere. La visita medico sportiva in un soggetto apparentemente sano costituisce oggi l’unico strumento di prevenzione”.
Poi, ci sono i protocolli “frutto della grande esperienza scientifica italiana e dei più qualificati cardiologi e medici dello sport internazionali; oltre a essere riconosciuti dal ministero come linee guida e quindi avere valenza anche medico-legale, seguire i protocolli è importante sia per il medico dello sport sia, soprattutto, per l’atleta”.
Tra le misure dei protocolli c’è la ‘prova da sforzo’. Questa “fornisce importanti informazioni sulle aritmie che a volte possono essere rischiose; nel senior invece può ‘slatentizzare’ coronaropatie latenti pericolose durante l’attività sportiva”.
Ma, chiediamo, l’iper prestazione a tutti i costi, ritmi di gioco che forse non permettono adeguato riposo, l’ansia da prestazione, lo stress che ruolo hanno?
“Tutte queste – prosegue Iachelli – sono componenti che possono provocare alterazioni funzionali e metaboliche ma non ci sono evidenze scientifiche che possano causare morte improvvisa su un cuore sano”.
E, allora, quali possono essere i segnali di allarme?
“Astenia, dolore al petto, capogiri vertigini, svenimento, dispnea, battiti aritmici”, con “rischi diversi per patologia, per fasce di età, per fattori individuali; sono diversi anche tra uomini e donne anche in riferimento all’intensità degli sport se parliamo, ovviamente, di rischio cardiovascolare. Per coronaropatie, ad esempio, negli uomini da 35 a 40 anni vanno fatti altri tipi di accertamenti previsti dai protocolli mentre sotto i 35 anni in genere le cardiomiopatie sono congenite e asintomatiche in genere; in questi casi è importante l’ ecg di base e la prova da sforzo che può portarle allo scoperto. A volte una banale influenza o infezioni virali come il covid possono portare a localizzazioni del virus nel miocardio, residuare come cicatrici, e da queste cicatrici possono scatenarsi aritmie anche mortali; sono miocarditi che lasciano quelle che vengono chiamate cicatrici non ischemiche”.
Basta un certificato medico e un elettrocardiogramma anche per attività non agonistica?
“Le strutture – conclude Iachelli – possono chiedere la certificazione che la legge prevede; è competenza del medico certificatore, identificato dalla normativa vigente redigere il certificato in base a scienza e coscienza e secondo la normativa vigente. La Federazione medico sportiva italiana, società scientifica riconosciuta dal ministero, ritiene necessario e raccomanda un elettrocardiogramma una volta l’anno e lo stesso fanno i regolamenti del Cio e del Coni. Solo la conoscenza delle norme e la scelta di qualità del medico dello sport possono rappresentare una tutela per lo sportivo”.
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