STORIA DI ORDINARIA FOLLIA

In questi giorni mi è capitato sotto gli occhi un articolo del giornale “La Repubblica” corredato con delle foto che hanno avuto in me lo stesso effetto di un pugno sullo stomaco: dolore e incredulità. Eppure sono foto vere che testimoniano ancora una volta un’infanzia felice negata, con l’aggravante di maltrattamenti fisici e psichici perpetrati.

È la storia di Zili, un bambino asiatico di 11 anni che vive incatenato da quando aveva pochi anni di vita. Zili, come avviene forse per le bestie più feroci, è incatenato per un piede e a “gestire” la sua prigionia è il nonno. Perché? Questa è sicuramente la prima domanda che ognuno di noi si è subito posta. In realtà non potrebbe mai esserci una risposta adeguata, mi interrogherei piuttosto sul perché tutto ciò sia possibile ancora oggi e, soprattutto, come possa essere tenuto da anni prigioniero un bambino senza che nessuno denunci. Le denunce e le mobilitazioni sono partite da “ora”, dal momento in cui il fotografo della Reuters, William Hong, ha documentato con i suoi scatti la condizione disumana in cui Zili ha vissuto e vive fino ad adesso. Zili, racconta il nonno, dopo una terribile caduta che gli ha provocato una ferita alla testa, ha accusato gravi disturbi mentali che lo portavano ad avere comportamenti aggressivi, per cui badarci (trattarlo da essere umano) era diventato per la famiglia praticamente impossibile. Per il piccolo Zili si sono mobilitate, grazie alle immagini diffuse dal fotografo, le associazioni per la tutela dei Diritti dell’Infanzia, che proprio nel mese di novembre, esattamente nella giornata del 20, vengono ogni anno ricordati in quella che è diventata la “Giornata Nazionale per i Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza”, giornata dedicata ai bambini e al loro diritto ad essere felici.

Quello del maltrattamento è certamente uno degli argomenti più complessi, ancor di più se riguarda il mondo dell’infanzia. Un fenomeno che si scontra, per lo meno dovrebbe, soprattutto nella nostra società con le coscienze perché l’incapacità di sapersi prendere cura dei bambini, negando loro ciò di cui necessitano per un sano sviluppo, riguarda la società tutta, fino ad arrivare ovviamente alla famiglia e ai genitori/accuditori.

Purtroppo i mass-media proponendo ripetutamente questo tema, a volte anche in maniera inadeguata e scorretta (con opinionisti in TV che si atteggiano a professionisti), creano una cattiva informazione dei fatti ed anche sovraesposizione che, se esagerata, può sfociare in “tolleranza” e superficialità verso il problema.

Il maltrattamento è un fenomeno grave e serio, indica un’aggressione verso qualcuno, e può essere sia fisico che psichico. In quello fisico rientrano tutte le aggressioni che comportano lesioni e ferite a carico del corpo, con quello psichico si fa riferimento alla relazione, all’incapacità dell’adulto di essere figura di sostegno verso il figlio, verso il quale si relaziona invece in maniera persecutoria o non adeguata.

I bambini infelici non sono solo in Asia o in Africa, sono spesso anche più vicini a noi di quel che pensiamo, sono la dove riusciamo a scorgere un problema nella relazione fra accuditore/accudito.

Sia distanti che vicini a queste storie, quello che possiamo fare è tanto: importante stimolare e “sconvolgere” la coscienza delle istituzioni, delle famiglie e della società intera, perché intoccabile è il diritto alla vita, alla cura, ad un’infanzia felice.

 

Il mio contatto e-mail per i lettori:

ammatuna.d@alice.it