La birra tedesca viene associata sovente al Reinheitsgebot, una norma risalente al 1516, con la quale veniva regolata la produzione della birra. La norma prevedeva l’uso di solo tre ingredienti: acqua, orzo e luppolo. Soltanto successivamente verrà modificata per permettere l’aggiunta di malto di frumento, comunque mai in purezza, e dello zucchero di canna, indispensabile per facilitare l’avvio della fermentazione. Il lievito, che è l’ingrediente essenziale per trasformare gli zuccheri in alcol, non viene menzionato, poiché ancora non si era a conoscenza della sua esistenza. Sebbene già gli antichi greci si fossero posti la questione su come funzionasse il processo di fermentazione, bisognerà aspettare le ricerche di Louis Pasteur, che nell’Ottocento scopre il lievito.
Quanto al Reinheitsgebot, pur essendo nato con l’intenzione di impedire la contraffazione della birra, con il tempo si rivelò un limite alla creatività dei mastri birrai tedeschi. Anche se a torto, spesso la birra tedesca viene accusata di essere priva di varietà. Nonostante la norma della purezza, la birra tedesca è ricca di varietà, ma richiede una maggiore attenzione per essere percepita, poiché le differenze tra le varie tipologie non sono così marcate come nelle birre belghe o inglesi.
In ogni caso la Reinheitsgebot non è riuscita a impedire del tutto il sorgere di birre non propriamente in regola. Tra queste vi è la Gose, più correttamente detta Weizen Gose. Appartiene al gruppo delle birre bianche, ma di gran lunga meno conosciuta della Weissbier. Come quest’ultima, la Weizen Gose è prodotta con una notevole percentuale di frumento, ma con l’aggiunta di coriandolo e sale marino, che le conferiscono un aroma e gusto particolari. Nata nella città di Goslar, dalla quale prende il nome, oggi è prodotta soltanto da pochissimi produttori, che ne hanno recuperato la ricetta e l’hanno riproposta al mercato. In passato era molto consumata a Lipsia, tanto da divenire la birra tipica di questa città. Oggi le cose sono molto cambiate e la globalizzazione del mercato è riuscita quasi a fare sparire questa birra dal gusto asprigno e aggrumato, poco conforme sicuramente al gusto della maggioranza dei consumatori. Si deve proprio al successo delle birre belghe la seconda vita della Gose. Infatti la voglia di diversità ha fatto sì che molte birre quasi dimenticate tornassero a destare l’attenzione del consumatore. In particolare le birre bianche belghe, molto diverse dalla Weissbier tedesca poiché prevedono l’aggiunta di agrumi e coriandolo, hanno fatto sì che i consumatori tedeschi scoprissero che a casa loro si produceva una birra simile, ma non uguale e non conforme al Reiheitsgebot.
La Gose ha un bouquet elegante, che ricorda la buccia di mandarino, anche se ovviamente non la stessa intensità. Questo caratteristico odore le viene dato dal coriandolo. Pianta aromatica, percepita da molti come esotica, ma che in realtà era conosciutissima dai romani e dai greci. La spuma è fine e non proprio compatta. La scelta di un bicchiere non appropriato, quindi, fa sì che la spuma si dissolva in modo irregolare. Viene proposta in un bicchiere a colonna, ma sicuramente un calice a tulipano gioca a favore della persistenza della schiuma.
Al palato è delicatamente asprigna e in ogni caso non è mai tanto acidula da renderla molesta. Questo grazie al malto di frumento, che è tendenzialmente più morbido del malto d’orzo.
Sebbene oggi i produttori di questa birra producano anche un formaggio specifico da consumare con questa birra, è tradizionale l’abbinamento con l’Harzer Käze, un formaggio da latte vaccino prodotto nelle regioni vicine.