Violenza alle donne: anche nel ragusano ci sono tanti barbari

Un reportage della tv Ard ha rivelato al grande pubblico un rito troglodita che ogni 5 dicembre si tiene a Borkum, la più occidentale delle isole tedesche del Mare del Nord. Dopo il tramonto, tutti gli uomini danno la caccia alle donne allo scopo di picchiarle. L’usanza barbarica prevede che i disonorevoli rappresentanti di sesso maschile trattengano ogni femmina incontrata per strada fino all’arrivo dei Klaasohm, sei uomini travestiti (ovviamente) da bestie, che hanno il compito di percuotere le sventurate con enormi corna bianche, fino a trent’anni fa riempite di sabbia allo scopo di fare ancora più male. Le sevizie si concludono sempre con un dolcetto infilato in bocca alle vittime.
Durante il servizio televisivo alcune di loro, con il viso nascosto e la voce distorta per evitare vendette per sé e le loro famiglie, hanno rivelato i dettagli dell’esperienza incomprensibile. Infine a notte fonda, i “protagonisti” si lanciano da un monumento sulla folla festante e l’arrivederci al prossimo anno.
L’origine della tradizione risale al Settecento, quando gli uomini tornavano dalla lunga caccia alle balene. Il Klaasohm venne creato per evidenziare il ripristino pubblico dell’autorità maschile dopo mesi di assenza. Tutto questo avviene non in uno dei Paesi dove la donna è considerata un essere inferiore, strumento per generare figli e poco altro, ma nel territorio del più grande Stato europeo.

Purtroppo in Italia non siamo da meno. Le cronache di tutti i giorni sono piene di donne stalkerizzate, picchiate, violentate, uccise.
Anche nella nostra piccola comunità ragusana, che nel 2023 ha fatto registrare il record di oltre 319mila residenti, non abbiamo il Klaasohm, ma la tradizione della violenza di genere è ben conosciuta. Gli organi di informazione sono pieni, anche troppo, di decreti con divieti di avvicinamento, denunce e arresti nei confronti di persone con addominali in pancia e criceti in testa. Anzi, ora se ne parla perché spesso le vittime prendono coscienza dei rischi e presentano denuncia.

Il fenomeno c’è sempre stato, solo che fino a qualche anno fa molte donne parlavano di rossori, gonfiori ed ecchimosi quali conseguenze di indecifrati “incidenti domestici”. La verità era un’altra.

In un articolo pubblicato nel 2019 dal titolo “Chi sono gli uomini che picchiano le donne”, sul settimanale l’Espresso emergeva la figura di “uomini normali, uomini misogini, uomini sadici. Padri, mariti, ma prima di tutto figli. Non c’è età. Il motivo, a volte, rimane sconosciuto. Bisogna prendere il loro passato, stenderlo in lunghe sedute di psicoterapia per comprendere da dove e chi ha innescato il virus dell’odio contro le donne che sfocia in percosse, in atteggiamenti ossessivi.” L’ultimo stadio è il femminicidio, reato gravissimo che in alcuni casi, fino al 1981, era punito con una condanna fino a sette anni: il cosiddetto “delitto d’onore”, narrato nel film “Divorzio all’Italiana”, girato tra Ragusa e Ispica.
La violenza di genere non conosce origini né confini. Si sbaglia a considerare, come spesso fa il tribunale del popolo dei social media che “è soprattutto un problema degli stranieri”. Prima di gridare ai barbari di Borkum, pensiamo a quelli di casa nostra. 

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