Vittorio Fortunato arrivò in ospedale in condizioni critiche. Madre naturale a processo per abbandono di minore

Prosegue il processo che vede imputata per abbandono di minore, la madre naturale del piccolo a cui venne dato il nome di Vittorio Fortunato (LA PRIMA UDIENZA QUI). Il padre naturale, deceduto improvvisamente a giugno di quest’anno, il 4 novembre del 2020 ne simulò abbandono e ritrovamento in via Saragat a Ragusa nel giorno stesso della sua nascita. Il piccolo era stato partorito a Modica nel bagno di casa della donna che aveva chiamato in aiuto l’ex compagno ignaro che la donna fosse incinta e di essere lui il padre del bambino. Nell’ultima udienza, è stata sentita una collega di lavoro della donna – all’epoca dei fatti era una portalettere -, un’agente di polizia e l’allora primario dell’unita operativa complessa di Neonatologia dell’ospedale Giovanni Paolo II dove il neonato, una volta soccorso, venne portato. Preliminarmente il Tribunale ha acquisito la perizia genetico forense e le dichiarazioni rese in passato dal padre naturale. Poi i testi. La collega di lavoro ha detto che aveva visto la donna leggermente gonfia, lamentava malessere e le aveva suggerito di farsi controllare. Ricorda che fino all’ultimo giorno o il giorno prima del parto era andata al lavoro, vestiva abiti comodi e davanti alla pancia metteva la borsa e ci appoggiava una giacca.

Le condizioni del bambino

Al rientro al lavoro, secondo la teste, alla richiesta se fosse vero ciò che si diceva, sosteneva che stavano cercando di incastrare il padre naturale ma lo avrebbe detto come se lei non c’entrasse e comunque sosteneva che non voleva abbandonare il bambino. È stata poi la volta di una sovrintendente capo della Polizia che ha parlato dell’avvio delle indagini, delle persone presenti sul luogo del ritrovamento e delle intercettazioni richieste. Ha chiuso l’udienza la testimonianza del dottore Francesco Spata dirigente facente funzioni dell’Utic di Neonatologia . Il bimbo era stato portato con il cordone ombelicale non clampato e, per questo, con un elevatissimo rischio emorragico, e con temperatura corporea e glicemia non valutabili strumentalmente il che significa, ha spiegato il medico, che era in una condizione grave di ipotermia e di ipoglicemia.

Non aveva alcun ematoma o ferite. Il fatto poi di essere stato partorito nel bagno di casa della donna – cosa che si seppe dopo qualche giorno – costituiva un fattore ulteriore di potenziale rischio per la vita del neonato. Il piccolino venne messo in termoculla e sottoposto anche a terapia antibiotica. Una fase di ipermedicalizzazione e profilassi massiva per escludere tutti i fattori di rischio per la vita, e una serie di accertamenti a 360 gradi portarono al ricovero che si estese per 16 giorni, dal 4 al 20 novembre del 2020. Il piccolo si riprese in fretta.

Secondo il medico, il cordone ombelicale venne clampato in qualche modo e forse durante il trasporto il materiale di fortuna, forse un laccio o una molletta, è caduto fortunatamente quando il processo di coagulazione si era avviato, altrimenti il bimbo sarebbe morto. La parte civile rappresentata dall’avvocato Emilio Cintolo ha voluto sapere se il contatto con la madre nei primi giorni di vita poteva influire, eventualmente, sullo sviluppo emotivo del neonato che invece ha pssato i suoi primi giorni di vita in una termoculla.

L’udienza

Per l’imputata, l’avvocato Angelo Iemmolo ha invece chiesto quanto il tempo, dalla nascita all’arrivo in ospedale, avrebbe potuto influire sul crollo dei valori (temperatura e glicemia), evidenziando che il bimbo era nato intorno alle 19,30, la polizia era intervenuta sul posto in seguito alla chiamata dei soccorsi intorno alle 20,40 e il piccolo era arrivato in ospedale a Ragusa alle 21.30. L’udienza si è chiusa con la acquisizione della cartella clinica del piccolo e il rinvio ad altra udienza per i testi residui. Intanto il bambino è al centro di una contesa legale legata al fatto che la madre naturale rivuole il piccolo che da qualche giorno ha compiuto 4 anni e che dalla dimissione dall’ospedale, il 20 novembre del 2020, vive con le persone che riconosce come mamma e papà. La Cassazione ha riscontrato l’irregolarità procedurale commessa dal Tribunale dei minorenni di Catania che riconoscendo la preadottabilità del neonato, ha privato del diritto di ravvedimento i due genitori naturali.

A seguito del pronunciamento della Suprema corte, il Tribunale dei minorenni ha stabilito il ritorno del piccolo dalla madre, con un percorso graduale di passaggio tra la famiglia adottiva e quella naturale, decisione contro la quale hanno promosso appello la tutrice del minore e la famiglia adottiva. Il percorso non è stato ancora avviato.

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