Voglia di fuggire

Martedì 17 agosto 2010

Ore 10. In
macchina con mia figlia Anna, la sua amica Ilaria con le figlie Soraya, Swami,
sette anni gemelle, e Krystal, tre anni di cui Anna è madrina.

Ore 10,15. Telefonata di Emanuele: Giovannella ci ha lasciato, oggi
pomeriggio alle 16 l’ultimo saluto alla chiesa del Preziosissimo Sangue.

Ore 10,30. Bagno nella piscina di Costa, il luogo delle radici, dei
primi passi, dei progetti e delle speranze di gioventù. Poi l’abbandono per
altri luoghi e altre vite. Poi il ritorno, dopo sposato, con Anna e Lucio
piccoli e il tentativo di ricongiungere passato e presente. Poi tutto sfumato.
Una parte di me perduta definitivamente. Ora Costa è di Velasco, il mio amico
pittore che l’ha trasformata in una struttura bellissima.

Le bambine sono contente. Anche Anna e Ilaria sono contente. Scattano
delle foto. Io mi guardo attorno, guardo i muri, gli stessi di sessanta anni fa
e su cui mio figlio Lucio ha srotolato le sue storie di indiani, i mandorli,
quei pochi che sono rimasti ancora in vita e che mi hanno visto ragazzo aiutare
mio padre nella raccolta delle mandorle e il carrubo monco dei rami su cui ho
iniziato Anna piccina ad avere fiducia in se stessa ed in me. Talvolta era
venuta anche Ilaria bambina. Ora è ragazza madre, tre figlie bellissime ed un
reddito precario.

Ore 14. Pranzo a casa mia. C’è anche Silvia, la mia figlia piccola. Le
bambine, con le loro lagne, catturano la maggiore attenzione, il clima è sereno
e gioioso.

Ore 15,30. Telefonata di Lucio dal Giappone, forse Arisa, la sua
ragazza, è incinta. Gioia ma anche ulteriore, delicato, importante e complesso
elemento da gestire nella costruzione della nuova identità in terra straniera.

Ore 16,30. Chiesa del Preziosissimo Sangue stracolma di persone:
Giovannella cinquantuno anni nella bara, la madre, il marito, i tre figli, i
parenti, gli amici, gli alunni. Dopo il rito religioso le amiche più intime
dicono parole belle a Giovannella, ricordano la sua vitalità, la sua bella
famiglia, la sua gioia di vivere. Il Preside parla del suo impegno di maestra e
legge la lettera con cui Giovannella si accomiatava dai suoi alunni.

Giovannella, quattro giorni fa, quando sono venuto a trovarti in
ospedale, mi hai chiesto di rifare la serata di poesie con gli amici. Ora ci
sei tu e ci sono gli amici e ho in tasca una strofa della canzone di Violeta
Parra che sembra scritta proprio per te: Grazie
alla vita che mi ha dato tanto, mi ha dato il riso e mi ha dato il pianto, così
distinguo gioia e dolore i due materiali che formano il mio canto e il canto
degli altri che è lo stesso canto e il canto di tutti che è il mio proprio
canto.
Giovannella, ci saranno altre serate di poesie con gli amici, tuo
marito e i tuoi figli sono d’accordo, e tu sarai presente perché il bel canto
della tua vita resta con noi.

Ore 21. Cena leggera con Anna. Mi dice che ha ripensamenti sul suo
percorso di studi, sulla sua professione, che vorrebbe intraprendere altra via.
Mi balza davanti il ricordo della mia ricerca, dopo la laurea, di altre vie,
l’emigrazione a Venezia e l’iscrizione alla facoltà di architettura. Tentativi
vani e amari. Poi invece le altre vie sono venute senza averle cercate.

Ore 23. Solo nel mio letto penso al proverbio: figghi nichi, peni nichi; figghi ranni, peni ranni; figghi maritati, peni
ciù ri ciù!
(figli piccoli, pene piccole; figli grandi, pene grandi; figli
maritati, pene più e di più!)

Sento salire lenta una voglia leggera di fuggire, fuggire dalla vita.
Per andare dove?!

Ragusa, 23 agosto 2010

Ciccio Schembari

 

Articolo pubblicato sul n. 62/2010 “La fuga” della rivista ond